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            Tom Moto è un trio che si forma nel 2006 a Pisa, composto da 
            Marco Calcaprina (tromba e trombone), Giulio Tosi (basso e chitarra) 
            e Juri Massa (batteria). Una band particolare, con un nome altrettanto 
            particolare, ispirato dal romanzo di Charles Bukowski dal titolo “Post 
            Office”. Il senso dell’arte musicale da loro espresso 
            è decisamente spiccato e poliedrico. La musica che ne scaturisce 
            è una specie di Jazz Rock misto ad un approccio Punk, ma io 
            mi sentirei di coniare un termine differente: Musica Hard Contemporanea.
 
 L’atteggiamento aggressivo allo strumento, a volte nervoso è 
            riconducibile anche a certo tipo di Rock Progressivo e precisamente 
            a band come i maestri King Crimson. Non siamo avanti a Rock Progressivo 
            nel puro senso del termine, ma l’approccio sperimentale mi fa 
            relegare il trio anche in questo calderone.
 
 “Junk” è un debutto importante nel vero senso della 
            parola,. In esso si ascolta una band gia matura, malgrado il poco 
            tempo di assemblaggio. Le date live sono state sicuramente ottima 
            maestra . Ovviamente la ritmica è il polmone importante e questo 
            lo avrete capito anche dalla formazione, una vera e propria macchina 
            da guerra ben oliata e dotata di una intesa eccellente. “Junk” 
            contiene dodici brani per una durata di sessantatre minuti. Non si 
            esula alla legge dell’intro neppure per una band che suona un 
            genere così di nicchia, per cui apre proprio “Intro”, 
            un pezzo dall’andamento a dir poco monolitico. Il vero primo 
            pezzo si intitola “Proboscide” e lascia stesi. Fughe ritmiche 
            con virtuosismi di tromba, lasciano spazio ad un trascinante dialogo 
            fra gli strumenti, con la giunta del Sax, quello di Alessandro Froli. 
            Tutto questo comunicare, sfocia in un muro sonoro massiccio, un Jazz 
            come dicevo all’inizio dal sapore Re Cremisi. C’è 
            trasporto in “Egghead”, un pezzo privo di un vero e proprio 
            ritornello, ricco di cambi di tempo repentini che si alternano fra 
            durezza ed armonia. Una sfumata di colori che pitturano in maniera 
            astratta la nostra mente. I componenti si muovono con circospezione, 
            ma allo stesso tempo con decisione. Nel disegno della copertina c’è 
            un polipo, ottima rappresentazione visiva del contenuto musicale espresso, 
            avvolgente da molti lati.
 
 Esistono brani che definirei Stand by,ossia che intramezzano la musica 
            narrando la storia sporca del sogno americano proprio ispirato dallo 
            stesso Bukowski. Questi si chiamano “Post Office”. Nella 
            parte uno c’è un fluttuare di note a tratti disarmonico 
            e ancora una volta questo accade fra il sax e la tromba. Ma il suono 
            esplode nuovamente con “XL”. Impossibile resistere a questa 
            ritmica, sperimentazione di prestigio, tanto da sembrare che i ragazzi 
            non solo suonino, ma assaporino gli strumenti, in un vero rapporto 
            fisico.
 Ovvio che essendo un trio basso, batteria , tromba, la ritmica è 
            la trave portante di questa costruzione, ma credetemi quando vi dico 
            che il risultato è irresistibile.
 Ritorna la seconda parte di “Post office” e nuovo dialogo 
            fra testo vocale e strumentazioni. E si riparte anche questa volta 
            a spron battuto con “Sonata”, questa volta però 
            con una metrica più lineare. C’è comunque da constatare 
            che forse siamo anche noi che cominciamo a fare l’orecchio a 
            questo atteggiamento sonoro, ascolto dopo ascolto.
 Con “Grog” lo strumento a fiato si unisce alla natura, 
            il suo soffio si immerge nell’acqua ed emette gorgoglii di bolle. 
            Apparentemente la sperimentazione affrontata potrebbe apparire esagerata, 
            così non è, la musica dei Tom Moto è relegata 
            sempre dentro certi binari musicali. La terza parte del racconto questa 
            volta si basa su una chitarra acustica e tromba ed il viaggio continua. 
            E’ la volta di “Dikkop” e per concludere “Animal 
            Factory”.
 I nostri si congedano spingendo sugli strumenti più che mai.
 
 In conclusione questo “Junk” è un debutto davvero 
            notevole, suonato da ragazzi che di grinta ne hanno da vendere. Un 
            approccio allo strumento davvero aggressivo, che a tratti mi ricorda 
            anche Ian Anderson con il proprio flauto. Ma non vorrei dire di più, 
            solo che il disco gode di una produzione sonora davvero buona, specie 
            il suono del basso….la ciliegina sulla torta. A voi ora la scelta. 
            MS
 
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