Rock Impressions

Tom Moto - Junk TOM MOTO - Junk
Lizard Records / BTF / Pick Up / Eventyr / GT Music
Distribuzione italiana: si
Genere: Jazz Rock
Support: CD - 2008


Tom Moto è un trio che si forma nel 2006 a Pisa, composto da Marco Calcaprina (tromba e trombone), Giulio Tosi (basso e chitarra) e Juri Massa (batteria). Una band particolare, con un nome altrettanto particolare, ispirato dal romanzo di Charles Bukowski dal titolo “Post Office”. Il senso dell’arte musicale da loro espresso è decisamente spiccato e poliedrico. La musica che ne scaturisce è una specie di Jazz Rock misto ad un approccio Punk, ma io mi sentirei di coniare un termine differente: Musica Hard Contemporanea.

L’atteggiamento aggressivo allo strumento, a volte nervoso è riconducibile anche a certo tipo di Rock Progressivo e precisamente a band come i maestri King Crimson. Non siamo avanti a Rock Progressivo nel puro senso del termine, ma l’approccio sperimentale mi fa relegare il trio anche in questo calderone.

“Junk” è un debutto importante nel vero senso della parola,. In esso si ascolta una band gia matura, malgrado il poco tempo di assemblaggio. Le date live sono state sicuramente ottima maestra . Ovviamente la ritmica è il polmone importante e questo lo avrete capito anche dalla formazione, una vera e propria macchina da guerra ben oliata e dotata di una intesa eccellente. “Junk” contiene dodici brani per una durata di sessantatre minuti. Non si esula alla legge dell’intro neppure per una band che suona un genere così di nicchia, per cui apre proprio “Intro”, un pezzo dall’andamento a dir poco monolitico. Il vero primo pezzo si intitola “Proboscide” e lascia stesi. Fughe ritmiche con virtuosismi di tromba, lasciano spazio ad un trascinante dialogo fra gli strumenti, con la giunta del Sax, quello di Alessandro Froli. Tutto questo comunicare, sfocia in un muro sonoro massiccio, un Jazz come dicevo all’inizio dal sapore Re Cremisi. C’è trasporto in “Egghead”, un pezzo privo di un vero e proprio ritornello, ricco di cambi di tempo repentini che si alternano fra durezza ed armonia. Una sfumata di colori che pitturano in maniera astratta la nostra mente. I componenti si muovono con circospezione, ma allo stesso tempo con decisione. Nel disegno della copertina c’è un polipo, ottima rappresentazione visiva del contenuto musicale espresso, avvolgente da molti lati.

Esistono brani che definirei Stand by,ossia che intramezzano la musica narrando la storia sporca del sogno americano proprio ispirato dallo stesso Bukowski. Questi si chiamano “Post Office”. Nella parte uno c’è un fluttuare di note a tratti disarmonico e ancora una volta questo accade fra il sax e la tromba. Ma il suono esplode nuovamente con “XL”. Impossibile resistere a questa ritmica, sperimentazione di prestigio, tanto da sembrare che i ragazzi non solo suonino, ma assaporino gli strumenti, in un vero rapporto fisico.
Ovvio che essendo un trio basso, batteria , tromba, la ritmica è la trave portante di questa costruzione, ma credetemi quando vi dico che il risultato è irresistibile.
Ritorna la seconda parte di “Post office” e nuovo dialogo fra testo vocale e strumentazioni. E si riparte anche questa volta a spron battuto con “Sonata”, questa volta però con una metrica più lineare. C’è comunque da constatare che forse siamo anche noi che cominciamo a fare l’orecchio a questo atteggiamento sonoro, ascolto dopo ascolto.
Con “Grog” lo strumento a fiato si unisce alla natura, il suo soffio si immerge nell’acqua ed emette gorgoglii di bolle. Apparentemente la sperimentazione affrontata potrebbe apparire esagerata, così non è, la musica dei Tom Moto è relegata sempre dentro certi binari musicali. La terza parte del racconto questa volta si basa su una chitarra acustica e tromba ed il viaggio continua. E’ la volta di “Dikkop” e per concludere “Animal Factory”.
I nostri si congedano spingendo sugli strumenti più che mai.

In conclusione questo “Junk” è un debutto davvero notevole, suonato da ragazzi che di grinta ne hanno da vendere. Un approccio allo strumento davvero aggressivo, che a tratti mi ricorda anche Ian Anderson con il proprio flauto. Ma non vorrei dire di più, solo che il disco gode di una produzione sonora davvero buona, specie il suono del basso….la ciliegina sulla torta. A voi ora la scelta. MS

Altre recensioni: Allob Allen


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