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            Troppo spesso si è letto in molte parti, giudizi riguardo al 
            Rock del tipo: “Il Rock è morto”. No, non è 
            così e mai lo sarà, il Rock muta con gli eventi che 
            ci circondano in quanto viatico di protesta dei momenti in cui viviamo. 
            Siamo solo noi relegati ai ricordi, agli avvenimenti piacevoli, che 
            ci incatenano ad un periodo passato, pensando che il mondo musicale 
            fosse finito li e non accettiamo il suo mutare. No, non morirà 
            mai, volenti o nolenti noi. La musica ci comunica emozione, ci unisce, 
            ci parla di noi ed ecco quindi nascere in continuazione attorno ad 
            essa nuove band che credono in questo supporto, io aggiungerei “per 
            fortuna”.
 
 Non esulano da questo ambito i padovani Thunder Godzilla, che si compongono 
            nel recente 2014. Il sound proposto è adrenalinico, fra Stoner, 
            Acid Rock e Psichedelia. La band si esibisce in numerose date live, 
            le quali portano la rodatura a livelli più che ottimali. Oltre 
            sessanta i concerti dal vivo, tanto per far capire come sono oliati 
            i meccanismi interni. Le influenze maggiori dei Thunder Godzilla arrivano 
            da gruppi come Kyuss, Black Sabbath, Sleep, Karma To Burn e molti 
            altri dell’ambito.
 
 Sono un trio composto da Jonny alla batteria, Espo alla chitarra e 
            Marco al basso e voce ed esordiscono con questo album dal titolo omonimo 
            formato da 11 brani per una durata collettiva di 46 minuti di musica.
 
 Si comincia in un ambiente sonoro apocalittico, fra pioggia, oscurità 
            distruzione e spari, il mitologico mostro Godzilla è a suo 
            agio, così il sound della band, crudo e ruvido. “Tokyo 
            Avenger” è degno inizio del disco.
 
 Lo Stoner Rock è questo elettricità a volume alto, entra 
            dentro e sbudella, sporco e rabbioso, con il suo caracollante incedere 
            a volte Doom. Ascoltate “Lie To Me” e ne avrete sunto. 
            D'altronde Godzilla non corre, avanza lentamente e distrugge dove 
            passa, proprio come il sound della band. Sale il ritmo con “Goliath”, 
            muro di suono alto e avvolgente. Un approccio più consono alla 
            formula canzone giunge con la breve “Fears” per poi tornare 
            al caos e alla vibrazione con “Get Away”. Uno dei pezzi 
            che più ho apprezzato è “Mammoth King”, 
            anche per un approccio compositivo variegato, così “Yoga 
            Fire” e la degna conclusiva “Day Tripper”, contributo 
            ai maestri del Rock provenienti da Liverpool, i Beatles.
 La tecnica mostrata dai tre componenti è quella che serve a 
            tenere alto il nome del genere, lineare e senza strafare, così 
            buona all’uopo anche la voce di Marco.
 
 Un buon esordio, un Rock che arriva dentro e che mostra i muscoli, 
            tanto da farmi segnare sul taccuino di marcia privato il nome della 
            band. Vi aspetto inesorabilmente alla prossima. MS
 
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