Rock Impressions
 

INTERVISTA AI THEM PHILOSOPHY
di Ilaria Rebecchi

E’ passato un anno dall’uscita di “Thought Before Action”. Qual è il vostro bilancio sull’album e sulla sua incisività sul pubblico?
TP: È stato un anno molto proficuo. E decisamente la nostra visibilità è molto aumentata dopo il tour con i Christian Death a maggio 2008 e dopo il concerto con gli Zu al Circolo degli Artisi a settembre scorso. Nonostante alcune prime diffidenze del pubblico per la nostra musica che veniva percepita come troppo complessa, adesso riscontriamo decisamene un buon seguito. Crediamo che sia un passo fondamentale quello di riuscire a far divertire con la propria musica.

La vostra musica è un mix incandescente di sonorità differenti, dal punk all’hardcore, su tutte. Come nasce questo mix? E quali sono i vostri ascolti maggiori che magari hanno contribuito alla sua creazione?
TP: Cerchiamo di prendere ispirazione da tutta la musica di qualità, indipendentemente dai generi musicali. Alcuni gruppi di riferimento possono essere Mudvayne, Slipknot, System of a down, The Dillinger Escape Plan, ma anche Portishead, Mars Volta e davvero tanti altri. Cerchiamo di spaziare il più possibile all’interno della music, per creare un ibrido unico e che magari faccia da caposcuola.

Siete una band molto attiva anche all’estero. Quali sono le effettive differenza che riscontrate tra l’Italia e l’estro in quanto a performance live viste da un artista?
TP: Una delle differenze più grandi che abbiamo potuto riscontrare dalla nostra esperienza è la diversa considerazione che la professione del musicista ha all’estero. A differenza dell’Italia, per cui solo se si è a un certo livello allora, volenti o nolenti, si è investi del titolo tradizionale di “lavoratore”, (stiamo parlando, ovviamente, della massa del pubblico) all’estero, tutto i gruppi, indipendentemente dal livello di fama che hanno raggiunto, vengono rispettati. Più che altro, sembra esserci maggiore consapevolezza riguardo a tutto il lavoro che c’è dietro un live, che è solo la facciata di una macchina che deve essere messa in movimento molto tempo prima.

Le canzoni più rappresentative del vostro album?
TP: Sicuramente “Please”, con cui non a caso abbiamo deciso di aprire l’album, che ha un ritmo incalzante e dà fin da subito una certa immagine al nostro prodotto. E poi “Come la mafia”, una “ballata” che ci ha fatto conoscere alla maggioranza delle persone.

"Come la Mafia" è un brano assoluto, tra sonorità differenti ben amalgamate e un testo pensato ed intelligente. Come è nato?
TP: “Come la Mafia” è nato dalla constatazione del regresso che affligge la società italiana da troppo tempo, in particolar modo dagli ultimo 40 anni. La mafia di cui noi parliamo è una metafora della cecità della società contemporanea che sembra aver dimenticato tutti “i sacrifici, il tempo e la vita” di tutte quelle menti illuminate del passato “che come scopo avevano solo quello di migliorare il mondo”. È un invito a risollevarsi da questo stato di torpore che sembra affliggere l’essere umano, che si muove più per impulsi, per interesse, per beni immediati invece di pesare le proprie azioni e ponderarne le conseguenze.

A questo punto quali sono i vostri progetti per il futuro? E le vostre aspettative? Magari dobbiamo aspettarci un cambiamento di genere o un’evoluzione musicale nei prossimi album?
TP: Il marchio di fabbrica sicuramente verrà mantenuto. Comunque, stiamo già componendo alcuni brani nuovi, in cui vogliamo estremizzare le due tendenze che hanno contraddistinto “Thought before action”: le parti dure saranno ancora più forti, le parti melodiche saranno ancora più melodiche.

IR

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