Rock Impressions

Tea Party TEA PARTY - Seven Circles
Inside Out


Confesso di non aver mai sentito i lavori precedenti di questo gruppo canadese, ma sono rimasto folgorato dal loro hard rock diretto e potente, segno che il genere è molto lontano dal morire, anzi gode di ottima salute. La prima uscita omonima su label indipendente è datata 1991, poi con una cadenza abbastanza regolare si arriva a questo settimo sigillo che segue di quattro anni il precedente The Interzone Mantras.

La formazione è composta da un classico power trio con Jeff Martin che canta e suona la chitarra, Stuart Chatwood che si occupa del basso e suona anche le tastiere e Jeff Burrows che pesta sui tamburi e sono scintille. Non che la band offra spunti particolarmente nuovi, abbiamo per le mani un mix di old school e new tendencies molto ben bilanciato, il singer sembra un incrocio fra Bono degli U2 quando canta rilassato e tranquillo e Doug Pinnick dei King’s X quando urla nel microfono la sua rabbia e la sua decisione, mentre con la chitarra produce dei riffs sulfurei e taglienti, fra stoner, nu metal e Led Zeppelin. La sezione ritmica è molto energica e movimentata, in perfetta sintonia col genere.

L’iniziale “Writing’s On the Wall” parte decisa con un riffone che smuove anche i sassi, un groove da paura e un ritornello che si stampa subito in testa, musica che brucia. “Stargazer” è molto diversa, il sound è molto pieno, corposo, ma le melodie vocali sono quasi pop, siamo nel post grunge. Con “One Step Closer Away” si cambia ancora, la musica inizia più intimista, ma poi le melodie si fanno acide e il brano cresce. “Oceans” è una ballad insolita che mi ha ricordato molte cose, ma nessuna in particolare, melodie evocative e malinconiche. “Luxuria” gioca con sonorità orientali, Kashmir vi dice niente? Non si tratta di un clone, ma di un precedente, è la storia che continua. “Overload” ci riporta al grande hard rock tutto energia e vigore. “Coming Back Again” ripropone melodie orientaleggianti in chiave hard rock. “The Watcher” e “Empty Glass” confermano quanto di buono ascoltato senza aggiungere nuove idee, mentre gli ultimi due brani sono più interessanti, “Wishing You Would Stay” vede l’apporto della singer Holly McNarland, che ricorda vagamente Alannah Myles, e infine troviamo la traccia omonima con ancora dei richiami orientali per un concentrato delle cose migliori della band.

I Tea Party sono un gruppo con un’attitudine spiccatamente seventies nel modo di fare musica, ma sanno anche riconoscere qunato di buono è stato fatto dopo e lo uniscono nel loro sound tutto da godere. GB

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