Rock Impressions

Robin Taylor - Isle Of Black ROBIN TAYLOR - Isle Of Black
Transubstans
Distribuzione italiana: Masterpiece
Genere: Prog
Support: CD - 2007

Il danese Robin Taylor (Taylor’s Universe) è uno dei musicisti più eclettici ed interessanti dell’elite del prog d’autore, è un polistrumentista che ha già inciso un’ottima serie di album, sia come solista che con le formazioni Taylor’s Universe e Free Universe. Molto stimato dalla critica, non ha mai raggiunto il grande pubblico, anche perché ha sempre cercato soluzioni musicali evolute e quindi non di facile presa. In questo disco lo accompagnano alcuni musicisti di valore, fra i quali spicca Karsten Vogel (ex Burning Red Ivanhoe e Secret Oyster).

Il disco parte con un intro molto sperimentale dal sapore quasi elettronico, ma poi il nostro si mette in cattedra e sforna un pezzo serrato molto Crimsoniano, con un hammond micidiale e un ritmo altamente trascinante, sembra di essere tornati ai tempi d’oro del prog! “Johannesburg” è retta da melodie splendide, costruite su un impianto rock, ma dense di poesia, un momento di particolare grazia espressiva, che si chiude con una specie di cantilena che sembra il canto di una sirena. Con “Swingers” è il jazz a mettersi in cattedra e mostra come lo straight jazz può ancora risultare attraente e dire qualcosa di nuovo. Ma ecco il pezzo forte, per i miei gusti, la title track è un brano epico e viscerale, che sfodera un possente prog ai limiti dell’hard rock, una marcia solenne e teatrale di grande fascino, splendida, da sola vale tutto il cd. “Mind Archeology” che chiude l’album è una piece de resistance, è come deve essere il prog, sperimentale al punto giusto, ma anche piacevole da ascoltare, certo che quando parte il sax scatenato di Vogel diventa davvero difficile stargli dietro, che brividi. “Izmit” è una bonus track che gioca a stravolgere melodie caraibiche per inserirle in un contesto prog, è un esperimento un po’ folle, che ci ricorda le visioni Zappiane, ma in fondo è bello scoprire che si può giocare con la musica, divertirsi e divertire, l’unico difetto è il finale che è un po’ troppo lungo e poco significativo.

Taylor si conferma essere autore raffinato, in alcuni momenti geniale, comunque sempre non convenzionale, anche quando esplora territori più prevedibili. Godere della sua musica è un privilegio, la cosa bella sarebbe se questo potesse essere alla portata di tutti. GB


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