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            jazz con gli anni è diventato una musica elegante per palati 
            fini, non è sempre stato così, ma credo che oggi questa 
            componente sia molto diffusa, del resto non è difficile trovare 
            dei gruppi che suonano in piccoli locali di un certo tenore, quello 
            che è triste, piuttosto è che spesso e volentieri il 
            pubblico chiacchera distrattamente, senza prestare un minimo di attenzione 
            alla musica suonata, che solitamente è quasi sempre piuttosto 
            interessante.
 Ma tralasciamo queste piccole polemiche, che mi servivano per introdurre 
            l’album di questa formazione, Personal Miracle è un disco 
            di grande eleganza, cantato dalla bella voce femminile di Elisabetta 
            Vittori, che con grande sensibilità carezza i sensi dell’ascoltatore, 
            il gruppo composto da Roberto Soggetti (pianoforte), Valerio Albeni 
            (batteria) e Sandro Masazza (contrabbasso) offre un perfetto tappeto 
            sonoro, proponendo una serie di brani, quasi tutti composti da Roberto 
            insieme con Elisabetta, in classico stile straight jazz, ovvero il 
            jazz più classico e rassicurante, con grande attenzione alla 
            pulizia dei suoni e all’amalgama fra i musicisti e senza particolari 
            scossoni innovativi. Nella track list spiccano anche la cover di “Music” 
            di James Taylor e quattro classici del jazz. Infine nel pezzo strumentale 
            eponimo che chiude l’album, compare anche il contributo di Roberto 
            Tiranti alla chitarra e dona un tocco particolare al disco.
 
 I Take 4 quindi vanno sul sicuro e propongono una serie di brani molto 
            piacevoli, che hanno l’unico difetto di essere perfetti per 
            fare da sottofondo ad una serata con gli amici, col rischio che poi 
            nessuno si accorga veramente di loro, e sarebbe un peccato, perché 
            ci sanno davvero fare. Di conseguenza questo disco in realtà 
            ha un doppio pregio, quello di essere buono sia per chi dal jazz è 
            lontano, che per chi il jazz già lo ama. Se vi piacciono le 
            sperimentazioni, il free jazz o partiture avventurose e spericolate, 
            allora questo disco non fa per voi. GB
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