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            chitarrista dei King’s X si è già parlato in varie 
            occasioni, il suo gruppo è stato fra i fondatori del moderno 
            hard rock, mentre da solista con questo Rock Garden è arrivato 
            al suo terzo album. Il precedente lavoro era intimista e più 
            acustico, malinconico e usciva da varie esperienze dolorose. Oggi 
            il nostro è “sopravvissuto”, così come afferma 
            lui stesso, e in questo nuovo Ty recupera la voglia di rockare e l’ottimismo 
            solare che ha contraddistinto molte sue produzioni.
 Si parte con l’anthemica “Ride” un hard rock basato 
            su un riff abbastanza semplice, quanto efficace e che ricorda molto 
            le cose migliori dei King’s X, un mix di seventies hard rock 
            e melodie beatlesiane. Ty si presenta subito in piena forma. “Stalker” 
            è più morbida e quasi pop, sulla linea del post grunge, 
            in questo non è molto originale, si salva solo per il gusto 
            inconfondibile di Ty che è sempre una spanna sopra molte produzioni 
            attuali, del resto lui è uno degli inventori di questo sound. 
            La malinconica “I Know What I’m Missing” ricorda 
            vagamente l’album precedente, salvo un intermezzo molto psichedelico 
            e una ripresa più decisa e hard. “Afraid” è 
            piena di grinta, anche questa è un po’ troppo post grunge. 
            Molto oscura e tesa è “Play”, quasi dark, con un 
            andamento teatrale interessante. Molto musicale e bucolica “Beautiful 
            Sky”, non particolarmente nuova, ma penso che i fans l’apprezzeranno 
            molto. Bella canzoncina anche “She’s a Tree” ma 
            siamo sempre li, fra i soliti King’s X e i gruppi melodici post 
            grunge. Meglio l’hard rock americano di “Take It Back”, 
            sembra più onesto e sincero. Piacevole anche “Wading 
            In” e la semplice e genuina “Thankful”, nella migliore 
            tradizione rock. Chiusura in bellezza con “Pretty Good”, 
            che, stranamente per me, è il brano più bello dell’intero 
            cd. Alla fine c’è una piccola traccia nascosta dove Ty 
            si cimenta in un bluesaccio acustico in giardino con tanto di animali 
            che gli fanno il coro, in fondo Tabor è un americano e in questo 
            disco si sente.
 
 Questo disco ci restituisce un Tabor pimpante, anche se un po’ 
            a corto di idee, ottimo per i fans, per gli altri consiglio di cercare 
            prima quanto ha fatto col suo gruppo. GB
 
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