Rock Impressions

Star One - Victims of the Modern Age STAR ONE - Victims of the Modern Age
Inside Out
Distribuzione italiana: Spin Go!
Genere: Heavy Metal
Support: CD - 2010


Il buon Arjen Lucassen ultimamente ha leggermente diradato le sue uscite discografiche, che comunque sono già parecchie. Da quando il nostro ha dato vita agli Ayreon ha mietuto consensi su consensi e i suoi progetti hanno infiammato le fantasie degli appassionati di tutto il globo, fra i quali c’ero anch’io, anche se oggi provo la forte tentazione di dire qualcosa che potrebbe rivelarsi molto impopolare e cioè che Arjen ha perso la vena creativa, da qualche album a questa parte ha preso a ripetersi, a produrre dischi di ottima qualità, ma tutti piuttosto uguali. Ho amato moltissimo i suoi primi lavori, ma oggi fatico a riconoscere ancora la sua incredibile vena creativa.

Il progetto Star One aveva debuttato nel 2002 con l’album Space Metal, a cui è seguito il live album Live on Earth l’anno successivo. Inizialmente il progetto si era prefissato di riportare in auge lo space rock nato negli anni ’70, un idea che mi era piaciuta subito e che speravo venisse sostenuta con maggior convinzione, invece abbiamo dovuto aspettare otto anni per vederne il seguito, ma quello che ascoltiamo oggi è semplicemente un album di heavy metal, di space non c’è rimasto molto e per me questo è un vero peccato. Ad aiutare Lucassen troviamo molti vecchi amici, dallo storico bassista Peter Vink, al talentuoso drummer Ed Warby, alle keys di Joost Van Der Broek, mentre dietro i microfoni c’è la solita parata di stelle con Allen Russell, Damian Wilson, Dan Swano, Floor Jansen e come special guest troviamo ancora Tony Martin, Mike Andersson e Rodney Blaze.

Il disco apre con l’intro “Down the Rabbit Hole”, che fa pensare alle avventure di Alice, il tappeto di tastiere è molto cosmico ed epico, ma di intro si tratta. Il primo vero brano è “Digital Rain”, un concentrato di metal epico, con le ugole potenti di Russell e Wilson che lo fanno brillare, poi ci sono delle buone idee melodiche affidate alle tastiere pompose, sicuramente un ottimo brano. “Earth That Was” è più cadenzata e sabbatiana, il riff è pesantissimo, bandita ogni suggestione space, resta un metal abbastanza visionario, ma che suona di già sentito. La title track offre un’insolita melodia dal sapore orientale, comunque un brano che non colpisce come dovrebbe e che perde il confronto con l’iniziale “Digital Rain”, sulla lunga distanza risulta anche noiosetta. “Human See, Human Do” mi ha dato l’impressione di essere un riempitivo, una canzone senza una identità precisa, che propone un ritmo veloce come un treno, ma con una linea melodica impersonale e svogliata. “24 Hours” è nuovamente epica, quasi teatrale, più atmosferica di quanto già ascoltato, e per certi versi mi ha ricordato i Magnum, ma niente di eclatante. “Cassandra Complex” ha delle buone idee, brano denso di mistero, non passerà agli annali, ma almeno denota un certo impegno compositivo. “It’s Alive, She’s Alive, We’re Alive” sembra volerci riportare in ambito space, ma è solo un’illusione iniziale, ben presto si sdandardizza e non decolla più. Chiude la lunga “It All Ends Here”, che non cambia il giudizio complessivo sul disco. L'unica componente che salva il disco è quella vocale, la coppia Russell - Wilson vale da sola l'acquisto del cd, per il resto è tutto molto deludente.

Questo disco può piacere a due categorie di persone, ai fans più sfegatati, che ascoltano tutto senza spirito critico e a chi non ha mai ascoltato i primi lavori di Lucassen. Io non appartengo a nessuna di queste due categorie e quindi a me il disco non è piaciuto, da Arjen mi aspetto di più, molto di più, in passato ha dimostrato di saper fare ben altro e io sto ancora aspettando che dimostri nuovamente tutto il suo potenziale. GB

Altre recensioni: Space Metal; Live on Earth (CD); Live on Earth DVD

Interviste: 2002; 2003

Artisti correlati: Ambeon; Ayreon; Stream of Passion; Strange Hobby

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