Rock Impressions

Sloe Gin - A Matter of Time SLOE GIN - A Matter of Time
Bloodrock
Distribuzione italiana: Black Widow
Genere: Dark Rock / Doom
Support: CD - 2013


Il bassista Enio Nicolini (The Black, Akron) continua il suo percorso musicale con questo nuovo progetto piuttosto particolare, infatti troviamo solo basso e batteria con un vocalist, niente chitarra o tastiere, mi viene subito da pensare ad altri progetti simili come i sorprendenti Beehoover. Insieme a Nicolini abbiamo il batterista Giuseppe Miccoli e il cantante Eugenio Mucci. Il sound è maledettamente dark, o se volete doom con strutture ritmiche vicine al prog, mentre il basso ovviamente si occupa anche delle parti soliste.

Il disco è composto da undici tracce che, viste le premesse, hanno tutte una simile identità, ma va sicuramente premiato il coraggio di proporre un disco suonato solo con due strumenti. L’inizio è deflagrante, il basso è esaltato dal contesto ed inevitabilmente primeggia, il tessuto sonoro è molto sabbathiano, il singer del resto in diverse occasioni ricorda il mitico Ozzy, la costruzione ritmica è complessa e devo dire che non si sente troppo la mancanza di una chitarra, anche se ovviamente non è il solito sound a cui siamo abituati. “My Dog is Beautiful” è ancora più oscura del pezzo precedente, il gruppo dimostra di saper costruire brani coinvolgenti, nonostante le ovvie limitazioni. Sulla stessa scia “Spiritual Coma”, anche se il tutto diventa un tanto ripetitivo. La stanca si sente soprattutto con “Dreams in a Jar”, che suona molto ripetitiva e può essere vista come un calo. Molto meglio la tenebrosa “Islero”, che ha un incedere affascinante, emergono ancora le ombre dei Sabbath, ma come vanto. “The Fugitive” è incalzante e i dubbi di due brani prima sembrano fugati, il disco si rialza. Nonostante questo si avverte ugualmente la pesantezza di un sound troppo omogeneo e ripetitivo, non è il contesto basso batteria, che rendono monocorde quanto proposto, è tutto l’insieme che grava sull’ascolto, perché il songwriting non si dimostra sufficientemente vario e coinvolgente. Bisogna aspettare la nona traccia per riprendere interesse, buona la struttura ritmico armonica, la formula del gruppo non varia molto, ma almeno è un brano che si lascia ascoltare bene. Però i momenti migliori li troviamo alla fine del disco con l’epica “Decline and Fall…” forse il brano che più mi ha convinto delle potenzialità di questa band e infine con la psichedelica e strumentale “Digital Space Wave”.

Come ogni lavoro sperimentale, non si tratta di un disco per tutti, però ho apprezzato molto questo titolo, per il coraggio e la voglia di fare musica che esprime, fuori da ogni confine convenzionale. C’è sempre più bisogno di artisti così e non è un caso se questi progetti vedono la luce in un periodo in cui da tutte le parti si sente dire che non c’è più nulla di nuovo, forse bisogna aguzzare la vista e cercare meglio. GB


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