Il cantante Boris Savoldelli ci ha abituati a sperimentazioni imprevedibili
e geniali, quasi sempre ricche di gusto e fascinose. Quando l’ho
conosciuto si esibiva con il bassista Nicola Mazzucconi e il saxofonista
Joe La Viola, da allora ne ha fatta di strada, guadagnando passo dopo
passo stima e spessore. Le sue collaborazioni stanno arricchendosi
sempre più e sono sempre più di valore. Raffaele Casarano
si è formato nel jazz e in pochi anni ha raggiunto uno status
di tutto rispetto, fra le collaborazioni più significative
c’è sicuramente quella col trombettista Paolo Fresu (che
ha suonato anche su un disco di Boris). Abbastanza simile il percorso
del contrabbassista Marco Bardoscia, ma temo di ripetermi. I percorsi
artistici di questi tre musicisti si sono intersecati e hanno deciso
di dar vita a questa rivisitazione del classico per eccellenza, The
Dark Side of the Moon dei Pink Floyd.
Il gruppo ha proposto dal vivo il progetto per diverso tempo prima
di arrivare all’incisione e di sicuro questo ha raffinato il
tutto e ha dato ai nostri una padronanza notevole, che si respira
nell’ascolto del disco. Ricordo molto bene l’emozione
provata ad una delle loro esibizioni. Ci sarebbero molte considerazioni
da fare sulla scelta, non hanno preso un disco a caso, ma il disco
rock più amato di tutti i tempi, una scelta senza dubbio coraggiosa
e che ha esposto i nostri a possibili quanto prevedibili critiche.
Guai a toccare i classici, figuriamoci a stravolgerli. Bisogna dire
subito che la rivisitazione del trio non è fedele all’originale,
nel senso che la musica dei Pink Floyd, che è perfetta nella
sua definitiva stesura, è stata decostruita e rielaborata in
chiave free jazz d’avanguardia. Un atto di questa portata può
quantomeno sembrare presuntuoso, però Boris e compagni hanno
chiesto a Waters il permesso di mettere mano alla musica immortale
ottenendolo, con il suo personale apprezzamento. Inoltre le note di
copertina del cd sono firmate da Nino Gatti dei Lunatics, leader del
fan club italiano della band.
Voce, sax, contrabbasso e qualche effetto, di sicuro non è
facile approcciarsi ad un progetto di questa portata, non è
per tutti nel senso che oggi siamo abituati più che mai all’easy
listening, i giovani scaricano centinaia di giga byte di musica e
alla fine non ascoltano nulla. Però fin dalle prime note del
disco ci si accorge di avere tra le mani qualcosa di particolare e
di grande spessore artistico. Della musica dei Pink Floyd è
rimasto poco in verità, i testi sono inalterati, le melodie
di fondo sono salve, ma gli arrangiamenti e lo sviluppo sono ideati
dal trio e vi troviamo infusa tutta la loro sensibilità. Mi
piace notare che come ospite troviamo il chitarrista Dewa Budjana
in “Us and Then”, che si produce in una performance da
brividi. Boris in questo disco è riuscito (finalmente) a far
confluire i suoi due lati, come ama chiamarli lui stesso, quello dark
sperimentale e quello light più facile. Casarano è raffinato
e creativo, le sue soluzioni ai fiati emozionano sempre. Bardoscia
è un contrabbassista potente, il suo apporto è fenomenale.
La combinazione tra i tre è ottima. È vero, non è
un disco facile, ma se ci si lascia prendere dalle emozioni che comunica
si viene travolti dalle emozioni. In questo senso è uno dei
tributi migliori possibili alla musica dei Pink Floyd. GB
Bardoscia
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