Per fare le cose “per bene” ci vuole tempo e dedizione.
Ci sono artisti che sfornano album come biscotti e i casi sono due:
o sono veramente molto prolifici, nel senso che hanno la capacità
di generare continuamente idee interessanti, o semplicemente fanno
tante cose mediocri, con qualche idea azzeccata che spesso viene ripresa
e ripetuta. Per fare dischi oggi che abbiano qualcosa da dire serve
tempo e dedizione. Come dice un adagio “Rome wasn’t bild
in a day”. Ecco quindi che il terzo capitolo della saga dei
Sailor Free vede la luce dopo circa tredici anni dal primo.
Questo polpettone iniziale per dire che abbiamo tra le mani un disco
profondo, curato in ogni singola nota, un disco che è frutto
di sincera passione musicale. Oggigiorno sembra che non valga la pena
fare qualcosa se non c’è un ritorno economico garantito
e fare qualcosa di artistico sembra sempre più affare da buon
temponi, che hanno tempo da perdere. Inoltre l’amore per le
cose fatte bene è sempre più messo in crisi dalla possibilità
di fare le stesse cose (o almeno molto simili) con l’aiuto dell’AI,
delle nuove tecnologie, per cui tutto quello che “aiuta”
è buono, anche uccidere la creatività. Quando le cose
sono facili da ottenere si spegne quel fuoco generativo che ci anima.
Questo disco è amato, pensato, voluto, tutto questo lo rende
prezioso per chi ama veramente la musica e cerca di approfondire,
con ripetuti ascolti, l’esperienza di lasciarsi guidare dai
suoni. David Petrosino con la sua band ci propone un nuovo viaggio
nel prog post moderno, ci sono molte idee raccolte nei brani, momenti
lirici lasciano il posto ad altri carichi di tensione e si viene guidati
dalla voce di David che appare come novello cantastorie. GB
Altre recensioni: Spiritual Revolution;
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