Sembra
impossibile, eppure sono passati quasi sette anni dall’uscita
del precedente album Oblivion Days dei Rocket Scientists, il gruppo
di Erik Norlander e Mark McCrite, che i più conosceranno per
il lavoro svolto con Lana Lane (in uscita con una nuova collezione
di covers), che è partner di Erik (anche lui sta per dare alle
stampe la sua prima collezione di covers). In questo quarto album
i Rocket Scientists si sono fatti in tre e così troviamo che
il bassista Don Schiff (per l’esattezza suona lo stick) finalmente
è considerato parte integrante del gruppo, del resto in passato
aveva preso parte a quasi tutti i lavori di casa Norlander, mentre
alla batteria siede quella macchina ritmica di Gregg Bissonette, oltre
a Simon Phillips che suona in un brano e Shaun Guerin che offre un
cameo in un altro.
Per questo ritorno i Rocket Scientists hanno fatto le cose in grande
e hanno realizzato un doppio album curatissimo sia nella grafica che
nei suoni, con oltre un ora e quaranta minuti di musica prog immaginifica,
ad alto contenuto sinfonico. Come molti sapranno Erik è un
grande tastierista e nel tempo non ha nascosto il suo amore per i
grandi che l’hanno preceduto come Emerson e Wakeman, mentre
Mark ha sempre avuto dalla sua un gusto spiccato per le melodie, l’unione
dei due ha saputo dar vita ad un sound magniloquente e perfettamente
in bilico fra amore per il sound settantiano e attenzione a tutto
quello che è successo in questi anni. Erik ha dalla sua una
profonda cultura musicale e quando suona si sente. Schiff è
esattamente il musicista giusto al posto giusto, grande interprete
dello stick e grande virtuoso, con le sue linee armoniche dona un
grande spessore al sound del gruppo e poi i suoi virtuosismi sono
davvero pregevoli. Una combinazione perfetta di abilità tecnica,
gusto e passione. In altre parole questi sono gli ingredienti di Revolution
Road, un album che traghetta il passato nel futuro e che è
anche molto piacevole da ascoltare.
Quando penso alla carriera di Norlander resto sempre stupito, ormai
sta diventando impossibile contare tutti i suoi lavori, ma ogni volta
si propone con un disco all’altezza della sua fama ed è
sempre bello chiudere gli occhi sulle note delle sue tastiere e lasciarsi
trasportare in mondi fantastici, come quelli rappresentati sulle sue
copertine. Senza dimenticare però i compagni di viaggio sono
sempre più attori protagonisti. Se devo dirla tutta, il contesto
dei Rocket Scientists mi sembra la dimensione dove Erik si esprime
al meglio, perché la sua innata esuberanza viene un po’
imbrigliata dagli altri e ricondotta ad una dimensione un po’
meno autocelebrativa e molto più godibile per chi ascolta,
non fraintendetemi a me i suoi lavori solisti piacciono molto, ma
sono al tempo stesso convinto che le cose migliori nascano dall’unione
di più elementi, la stessa cosa la verifico spesso nei dischi
solisti di molti grandi artisti che non sono quasi mai così
riusciti come quelli realizzati col gruppo madre.
Non vi descrivo i singoli brani, sarebbe un esercizio cavilloso e
pedante, meglio raccontare le emozioni e lasciarsi accarezzare da
una musica che non può e non deve lasciare indifferenti. Ottimo
ritorno! GB
Interviste: 1999
Artisti correlati: Erik Norlander, Mark McCrite; Don Schiff, Lana
Lane
|