In giro non ci sono molti dischi di bassisti virtuosi, del resto non
ci sono nemmeno tanti bassisti in grado di realizzare un album intero
di musica loro, poi se ci pensiamo ci vengono in mente solo nomi altisonanti
tipo quelli di Sheehan, Hamm o Coven. La sorpresa quindi è
stata parecchia quando mi son visto recapitare questo lavoro tutto
italiano del bassista Alberto Rigoni (insieme a Liverani nel nuovo
progetto Twinspirits). Lo hanno aiutato nella realizzazione di questo
disco il chitarrista Tommy Ermolli in tre traccie, Daniele Gottardo
sempre alla chitarra in una, il tastierista Lorenzo Nizzolini un paio
di singer citati in seguito ed Enrico Buttol e Marco Torchia alla
batteria campionata.
Si parte con “The Factory, retta da un giro di basso molto fusion,
che ricorda i primi dischi solisti del grande Stuart Hamm, ma Rigoni
esprime delle soluzioni armoniche molto solari e personali, quindi
ritengo l’accostamento un’indicazione di massima, poi
verso la fine i suoni si fanno sperimentali e più intriganti.
“Trying to Forget” è una piece morbida e rilassante,
Alberto ha anche un’anima romantica e sensibile e qui la mostra,
ma che tecnica! “Glory of Life” è più prog
rock, con dei tempi complessi, si possono riscontrare delle vicinanze
anche con Liquid Tension Experiment e Drem Theater, ma come detto
prima Rigoni apporta una solarità tutta italica, una gioia
di vivere che viene bene evidenziata anche col titolo del brano. “SMS”
è l’occasione per divertirsi col suo basso a sei corde,
un brano fusion ricco di feeling, penalizzato solo dalla batteria
campionata, sarebbe stato tutta un’altra cosa con un suono più
“real”. Il divertimento continua con la sensuale “Bassex”,
la prima piece cantata dalla voce voluttuosa di Irene Ermolli. La
breve “One Moment Before” ci riporta ad atmosfere rilassate
e intimiste, ma queste sono quelle dove Alberto ci fa ascoltare i
passaggi migliori. “Roller Coaster” è un momento
metallico, in fondo Rigoni il metal lo conosce, un brano acido che
ricorda certe cattiverie di Sheehan, discrete anche le soluzioni vocali
di Daniele Conte, potente il lavoro di Tommy alla chitarra e molto
calde sono le parti di basso. “Desert Break” sperimenta
con delle sonorità etniche, ma mi sembra un po’ incompiuto.
“Jammin’ on Vocal Drums” è l’occasione
per Alberto di mostrare tutta la sua abilità tecnica e ne ha
davvero tanta, ma non spaventatevi è anche piacevole da ascoltare.
L’album finisce con “Sweet Tears”, che mantiene
ciò che promette.
In sostanza l’album di Rigoni è un must per tutti gli
appassionati di basso, ma è anche molto piacevole da ascoltare,
non è molto lungo, i dieci brani occupano poco meno di trentasei
minuti, ma sono tutti spesi molto bene, l’unico difetto è
l’uso della batteria elettronica, io non sono contrario in toto
alla batteria campionata, ma nel genere suonato da Rigoni secondo
me non ci sta molto bene, per il resto il disco è davvero ottimo.
Complimenti Alberto! GB
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