La Moonjune di Leonardo Pavkovic è una piccola label americana,
anche se sarebbe preferibile dire cosmopolita, che dalla sua fondazione
predilige artisti molto impegnativi, che fanno della sperimentazione
il loro credo artistico, spaziando dal Canterbury Sound al Free Jazz,
fino ad arrivare alla musica rumorista e tutto quello che ci può
gravitare attorno. Un percorso non facile, a cui non è mai
semplice approcciarsi. Dennis Rea è un artista perfettamente
in linea con le caratteristiche di questa label. Sperimentatore puro,
lo possiamo accostare alla scuola di Allan Holdsworth e di Robert
Fripp, lo abbiamo già incontrato con i Moraine e con gli Iron
Kim Style, sempre sotto contratto con la Moonjune.
Questo suo album solista è particolarmente ambizioso, si prefigge
di unire il free jazz e la fusion alla musica orientale, una sorta
di personale omaggio alla musica cinese e taiwanese in particolare,
per rendere omaggio a quella parte del mondo dove sembra battere il
suo cuore, non a caso ha pubblicato un libro dal titolo “Live
at the Forbidden City: Musical Encounters in China and Taiwan”.
Per questa avventura si è avvalso della collaborazione di molti
musicisti, con una strumentazione molto varia che comprende sia strumenti
tradizionali, che strumenti moderni, fra questi spiccano il virtuoso
del trombone Stuart Dempster. Quello che ascoltiamo è un album
carico di suggestioni esotiche, mediate da un free jazz molto rigoroso,
un album estremamente profondo e carico di significati, composto da
sole cinque lunghe composizioni, ma che contiene al suo interno una
impressiva serie di tesori.
Di certo non è un album da ascoltare con superficialità,
perché non è musica banale, anzi, richiede una grande
dedizione e ripaga solo gli ascolti attenti. Per coloro che amano
le avventure sonore questo è un disco che saprà regalare
emozioni sempre nuove ad ogni ascolto. GB
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