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            È nato prima l’uovo o la gallina? Questo quesito ha tormentato 
            intere generazioni, ma non ha risposta, però in un certo senso 
            ben si adatta ai Proto-Kaw, una formazione da cui sono nati i Kansas, 
            ma che ha inciso i primo album molti anni dopo che i Kansas avevano 
            conquistato il mondo col loro prog sinfonico.
 Scherzi a parte i Proto- Kaw di Kerry Livgren di oggi sono la reincarnazione 
            del gruppo che aveva fondato i Kansas e oggi raccolgono a distanza 
            di molti anni il frutto di quanto seminato. La musica che propongono 
            non è lontana da quella del gruppo “figlio”, ma 
            è un po’ meno commerciale e autoindulgente e soprattutto 
            senza eccessi di virtuosismo. Siamo quindi nell’ambito di un 
            prog sinfonico con sfumature hardeggianti e una certa profondità, 
            belle linee melodiche e un grande senso narrativo che si avverte fin 
            dall’iniziale “Nevermore”. Rispetto a precedente 
            Before Became After trovo che il progetto di Livgren sia maturato, 
            anche se non ci sono innovazioni particolari, solo sembra un po’ 
            più convinto. Per la verità non tutti gli episodi sono 
            spettacolari, la seconda traccia “Relics of the Tempest” 
            è molto solenne, ma anche un po’ tediosa. Meglio la nervosa 
            “When the Rains Come”, che propone dei bei giri di chitarra, 
            abbastanza teatrali ed evocativi. Molta malinconia nel cantato di 
            “On the Eve…” ed emerge sempre più il lato 
            romantico. In “Osvaldo’s Groceries” c’è 
            spazio anche per stranezze e contaminazioni con lo ska e con continui 
            cambi di tempo. Difficile giudicare poi una track come “The 
            Vigil”, formalmente molto bella, ma che suona vecchia di almeno 
            trent’anni. “Old Number 63” gioca addirittura col 
            funky. Gran finale con uno dei momenti migliori del disco, l’epica 
            “Picture This”.
 
 Un bel disco, fatto con cura e devozione, ma anche molto nostalgico, 
            a qualcuno basta, a qualcuno no, ma penso di definitiva che Kerry 
            oggi, dopo così tanti anni, voglia fare solo musica per se 
            stesso e per chi ha ancora voglia di emozionarsi con un buon disco 
            al di la di mode e tendenze. GB
 
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