Rock Impressions

Ogre - The Last Neanderthal OGRE - The Last Neanderthal
Minotauro / Markuee
Distribuzione italiana: si
Genere: Doom
Support: CD
- 2013


Nati nel 1999 negli USA, gli Ogre ci consegnano il quarto album dopo sei anni di silenzio, il primo pubblicato nientemeno che dalla storica Minotauro, una delle etichette che hanno permesso alla NWOIHM di esistere. Il gruppo è un power trio composto dal cantante e bassista Ed Cunningham, dal chitarrista Ross Markonish e dal batterista Will Broadbent. La copertina del cd non lascia dubbi, il granitico cavernicolo rappresenta alla perfezione il sound maledettamente doom del gruppo. Da rilevare come sempre l’ottimo lavoro di packaging della label italiana, che cura in modo maniacale i propri prodotti, proponendo edizioni cartonate che sembrano Lp in miniatura.

Anche gli Ogre non sfuggono al fascino di piazzare un intro ad apertura del cd, suoni oscuri, loschi presagi, solo una parentesi prima dell’incursione in pieno heavy ottantiano di “Nine Princess in Amber”, un pezzo che se non sapessi essere stata prodotto adesso, non avrei avuto dubbi a catalogare nel repertorio di qualche gruppo dei primissimi ottanta. La voce sgraziata di Ed è un mix tra Ozzy e Paul Chain e risveglia parecchi fantasmi. Il brano è cadenzato e abbastanza epico, non particolarmente originale, ma molto credibile. La lunga e sofferta “Bad Trip” è un tuffo in pieno doom, ancora viene in mente il maestro pesarese, mentre la parte centrale ricorda il brano omonimo dei Black Sabbath. “Son of Sisyphus” è ancora puro doom, molto seventies oriented, con un ottimo guitar solo, rispetto ai brani precedenti questo pezzo è un po’ più personale. “Soulless Woman” è una cover di una band omonima vissuta nei seventies, un omaggio se volete un po’ bizzarro, ma molto onesto, il pezzo ha un riff micidiale filtrato dal wah-wah, che entra subito in testa. Le intemperanze doom riprendono a pieno ritmo con “Warpath”, che è un po’ troppo Lo Fi (che non considero un difetto in se), e risulta meno efficace, mentre molto bello è il finale onirico. L’atmosfera psichedelica continua nella breve “White Plume Mountain”, se facessero un disco con queste sonorità potrebbero anche ottenere notevoli consensi, anche se personalmente mi piace di più quando mostrano i muscoli. Il disco termina con la lunga e rallentata “The Hermit”, un doom psichedelico di buon spessore, il territorio perfetto per questo trio di freakettoni.

Se vi piacciono gli artisti citati, oppure band come i Naam e tutti i nostalgici di come si suonava nei fatidici seventies, provate a dare una chance a questi Ogre, sono convinto che non vi deluderanno. GB

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