Rock Impressions

Magellan MAGELLAN - Impossible Figures
Inside Out

I fratelli Trent e Wayne Gardner, con una mossa a sorpresa, hanno abbandonato la collaudata Magna Carta, con cui avevano realizzato i loro quattro precedenti lavori in studio, i side projects Explorers Club e Leonardo, più l'essere apparsi in varie tribute compilation, e si accasano alla sempre più attiva Inside Out per pubblicare il quinto capitolo della loro saga.

All'inizio degli anni novanta hanno guidato insieme ai Dream Theater la rinascita del prog metal e hanno iniziato la moda delle collaborazioni trasversali, che tanta fortuna ha avuto. Il loro sound a metà strada fra Kansas e Rush, con forti componenti sinfoniche, non ha mai conquistato pienamente il pubblico eppure si è trattato di una proposta piuttosto originale ed è un piacere ritrovarli con questo nuovo disco pieno di energia.

Il sound del gruppo dei fratelli Gardner non ha subito sconvolgimenti, si possono ascoltare molti spunti moderni, voci filtrate e cori che ricordano i King's X, ma fin dall'intreccio ritmico dell'iniziale "Killer of Hope", che segue l'inutile intro "Gorilla with a Pitchfork", si avverte il tipico marchio di fabbrica del gruppo, certe soluzioni armoniche sono praticamente identiche a quanto il gruppo ha già proposto, forse si tratta di una mossa per tranquillizzare i fans, ma la sensazione di deja vu è piuttosto imbarazzante. La breve "Bach 16" gioca con partiture classiche, ma è poco più di un divertisment. "Late for Church" è il primo pezzo dove i nostri sperimentano sonorità diverse dal solito, si tratta di un heavy serrato e nervoso stile Ark o Pain Of Salvation, senza raggiungerne i livelli, molto meglio la breve "Confessor's Overture" che partendo da un giro classico sviluppa un prog metal energico e vitale. "Hymn For a Heathen" ricorda i Kansas più lirici. "A World Groove", come suggerisce il titolo, è un mix di varie musiche etniche che non mi è piaciuto particolarmente. "Counterpoints" è forse il brano migliore dell'album, le tensioni moderne ai limiti del nu metal sono inserite in modo davvero efficace e godibile nel sound tipico della band. Meno dura ma ugualmente efficace la conclusiva "Feel the Cross", una canzone apocalittica con una grande tensione drammatica.

Questo nuovo album funziona solo a metà, se il gruppo avesse osato di più sarebbe potuto essere un capolavoro, invece è solo un buon disco. GB

Altre recensioni: Symphony For A Misanthrope; Innocent God

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