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            LINGUAGGI DEL ROCK E LE DEVIANZE GIOVANILIDi Giancarlo Bolther
 
 Questo articolo è stato presentato in alcune conferenze e apparirà 
            in forma ridotta sui numeri di dicembre 2010 e gennaio 2011 sulla 
            rivista AGE Stampa.
 Sono disponibile per serate e incontri (sia con giovani che con adulti) 
            sui temi trattati in questo articolo o su tematiche correlate.
 Per 
            contattarmi potete scrivere a gbolther@rock-impressions.com
 Buona lettura.
 Giancarlo
 
 Premessa
 
 Un 
            bellissimo film che qualche anno fa aveva colpito profondamente l’immaginario 
            collettivo, è stato l’Attimo Fuggente. La storia penso 
            sia nota a tutti, in un prestigioso college arriva un nuovo insegnante 
            dal curriculum brillante, che dimostra subito dei metodi di insegnamento 
            poco “ortodossi”, anzi diciamo pure rivoluzionari, mettendo 
            al centro del metodo di insegnamento non più la materia insegnata, 
            ma il giovane. Questo porta un gruppo di ragazzi a prendere coscienza 
            delle proprie potenzialità espressive e si crea un circolo 
            dove questi iniziano a sperimentare nuovi linguaggi. Uno di questi 
            giovani ama il teatro e soprattutto recitare, ma il padre, un personaggio 
            fortemente autoritario, ha altri progetti per lui e impedisce al giovane 
            di perseguire le proprie inclinazioni, nonostante i buoni risultati 
            scolastici del figlio e nonostante questo dimostri un’attitudine 
            spiccata per il teatro. Il figlio, totalmente succube, non riesce 
            a comunicare col padre e alla fine sceglie la peggiore delle risposte 
            possibili, il suicidio.
 Di chi è la colpa? Chi ha spinto il giovane verso questa scelta 
            “senza ritorno”?
 La colpa è una “brutta bestia”, non la vuole nessuno, 
            quindi è sembrato molto ragionevole per tutti (o quasi) che 
            la colpa fosse da attribuire al giovane professore che, coi suoi metodi 
            innovativi, aveva messo nella testa del giovane dei “tarli”, 
            che lo avevano portato a disobbedire ai comandi del padre (padrone), 
            indebolendone la personalità fino al compimento del gesto estremo. 
            Oppure la colpa è stata del padre, che non ha saputo comprendere 
            le aspirazioni del figlio, che sul palco si trasforma da bruco in 
            splendida farfalla, e che lo ha continuamente umiliato e soffocato? 
            Ma il padre amava il figlio, lo amava tantissimo e per lui voleva 
            una vita sicura, con una “buona” posizione sociale, un 
            “buon” lavoro, una bella carriera, un futuro certo insomma, 
            quello che più o meno vogliono tutti i padri e tutte le madri 
            di questo mondo… amava talmente il figlio che il dolore per 
            la sua perdita lo ha portato a compiere lo stesso terribile gesto 
            autodistruttivo.
 Allora la colpa è dell’insegnante che ha fatto emergere 
            le potenzialità del ragazzo o di chi le ha represse? O forse 
            la colpa è del giovane stesso, troppo fragile e insicuro, incapace 
            di tirar fuori le cosiddette “palle”? Un debole che non 
            ha saputo combattere per quello in cui credeva?
 Non esiste una verità uguale per tutti e ognuno darà 
            una risposta diversa a queste domande, ma sono convinto che quando 
            accade qualcosa del genere ognuno di noi dovrebbe fare un serio esame 
            di coscienza prima di cercare i possibili capri espiatori dei propri 
            errori.
 
 La 
            grande rivoluzione del ‘900
 
 Prima 
            della Seconda Guerra Mondiale non c’erano i giovani come categoria 
            sociale, non c’erano i teenagers, si passava dalla fanciullezza 
            all’età adulta, un ragazzino di tredici, quattordici 
            anni (quando non prima) era già pronto per lavorare, quindi 
            non c’era “tempo libero”, almeno non per le masse, 
            questo era bene esclusivo di pochi privilegiati. Con l’ingresso 
            dell’industrializzazione nella sua fase più moderna, 
            il tempo libero ha cominciato a diffondersi velocemente, probabilmente 
            anche per controbilanciare i ritmi alienanti del lavoro in fabbrica. 
            Non esistendo i teenagers, di conseguenza non esisteva una moda per 
            i giovani, non c’era una musica per i giovani, non c’era 
            un mercato specifico. Poi non bisogna dimenticare che sempre in quel 
            periodo arriva nelle case delle famiglie uno dei più potenti 
            mass media: la televisione, che ha avuto un ruolo fondamentale nella 
            costruzione del processo democratico contemporaneo. Quello che è 
            avvenuto dagli anni ’50 in poi è stata una delle più 
            grandi e repentine rivoluzioni culturali di tutti i tempi, un fenomeno 
            così recente, che è ancora oggetto di mutamenti imprevedibili 
            e poco compresi. Oggi, dopo circa sessant’anni, un tempo storico 
            relativamente breve, si è sviluppato un mercato tutto dedicato 
            ai giovani, che in certi settori ha superato come numeri e importanza 
            quello del mondo adulto. Siccome tutto gira attorno al mondo dell’economia, 
            ecco che i giovani sono diventati una categoria sociale molto importante. 
            Il Rock è nato proprio negli anni ’50 ed è stato 
            il primo genere musicale per i giovani, diventando fin da subito la 
            voce e il simbolo di questa rivoluzione.
 
 Il dialogo generazionale.
 
 Il 
            dialogo generazionale è sempre stato problematico, non è 
            un fenomeno moderno, anzi, basta scorrere queste interessanti citazioni 
            per averne un’idea:
 “Nemmeno i tempi sono più quelli di una volta. I 
            figli non seguono più i genitori.”
 (tratto da un papiro egizio di 5000 anni fa)
 “Questa gioventù è guasta fino al midollo; 
            è cattiva, irreligiosa e pigra. Non sarà mai come la 
            gioventù di una volta. Non riuscirà a conservare la 
            nostra cultura.”
 (tratto da un frammento di argilla babilonese di 3000 anni fa)
 “Non nutro più alcuna speranza per il futuro del 
            nostro popolo, se deve dipendere dalla gioventù superficiale 
            di oggi, perché questa gioventù è senza dubbio 
            insopportabile, irriguardosa e saputa. Quando ero ancora giovane mi 
            sono state insegnate le buone maniere e il rispetto per i genitori: 
            la gioventù d’oggi invece vuole sempre dire la sua ed 
            è sfacciata.”
 (Esiodo, poeta greco del 700 avanti Cristo)
 “Il mondo sta attraversando un periodo tormentato. La gioventù 
            di oggi non pensa più a niente, pensa solo a se stessa, non 
            ha più rispetto per i genitori e per i vecchi; i giovani sono 
            intolleranti di ogni freno, parlano come se sapessero tutto. Le ragazze 
            poi sono vuote, stupide e sciocche, immodeste e senza dignità 
            nel parlare, nel vestire e nel vivere.”
 (Pierre l’Eremite, predicando la prima crociata nel 1095)
 Quanto suonano moderne queste citazioni.
 
 I 
            mutamenti di cui abbiamo parlato hanno reso ancora più problematico 
            il dialogo fra generazioni, che da fattore per lo più privato 
            è diventato un vero fenomeno di massa, perché la televisione 
            ha consentito la diffusione e la condivisione delle idee. La crisi 
            di valori del tempo moderno ha portato i giovani a rifiutare il mondo 
            adulto come modello e sono nate le cosiddette “controculture” 
            o “subculture” giovanili (gli hippy, i punkster, i metallari, 
            i darkettoni, gli skater, i gamers, i bikers, i rappers, i graffitari, 
            gli emo, …), fenomeni di aggregazione spontanea attorno ad un 
            mondo di valori spesso di difficile interpretazione per il mondo adulto. 
            Alcuni teorici parlano di “volgarizzazione” della cultura 
            “alta”, come frutto della massificazione, attribuendo 
            la responsabilità prima di questo processo, considerato come 
            degenerativo, ai mass media, che avrebbero causato un sostanziale 
            e complessivo impoverimento dei linguaggi (a livello statistico i 
            giovani oggi conoscono ed usano un numero di vocaboli sempre più 
            ristretto) e dei gusti, in altre parole denunciano un deterioramento 
            progressivo del livello culturale medio delle masse e in seconda battuta 
            anche delle forme artistiche giovanili e quindi del Rock, reo di aver 
            “traviato” le coscienze dei giovani e di aver accelerato 
            questo processo degenerativo.
 
 In realtà quello che è successo è che il mondo 
            adulto coi suoi valori ha via via perso credibilità, mentre 
            il Rock in qualche modo lo ha sostituito nell’immaginario giovanile. 
            In questo senso la televisione ha giocato un ruolo decisivo, in quanto 
            ha divulgato su larga scala gli orrori bellici, si pensi in particolare 
            a quelli legati alla guerra del Vietnam, poi sono arrivati gli scandali 
            politici, l’abuso delle droghe nello sport e le incoerenze di 
            ogni genere, causando una progressiva perdita di valori. La televisione 
            ha amplificato a dismisura la portata emotiva delle “cattive” 
            notizie, basta guardare uno qualsiasi dei telegiornali (o anche scorrere 
            la pagine di cronaca nera dei principali quotidiani), sono solo brutte 
            notizie, spesso inquietanti e troppo spesso inutilmente dettagliate 
            nei particolari più macabri o scabrosi, con una morbosità 
            che va molto oltre il diritto di cronaca. Inoltre non erano state 
            mantenute le lusinghiere promesse del boom economico post bellico, 
            le promesse di una giovinezza senza fine (“Forever Young” 
            recitava una famosa canzone) e di una ricchezza inesauribile e alla 
            portata di tutti. Molti hanno visto il sostanziale fallimento dell’American 
            Style Life. A chi credere? A quali valori aderire? Al mondo sempre 
            più corrotto della politica? Ai perbenisti che nel privato 
            ne combinano di ogni colore? Al mondo dello sport che da anni sembra 
            incapace di dare un’immagine “pulita” di se? Al 
            mondo religioso che è in perenne crisi e sempre più 
            spesso il Papa deve “scusarsi” di qualcosa… Questo 
            continuo processo disgregativo dei valori ha spinto i giovani verso 
            un individualismo esasperato con effetti deleteri che sono sotto gli 
            occhi di tutti.
 
 Chi è responsabile delle devianze giovanili?
 
 Senza 
            voler approfondire troppo l’analisi possiamo dire che in certi 
            ambienti c’è un sospetto, nemmeno tanto velato, che l’industria 
            del business abbia utilizzato il Rock per il dominio delle masse giovanili 
            e le teorie a sostegno di queste tesi hanno anche un certo fascino, 
            non sorprende quindi constatare il grande seguito che hanno tutt’oggi. 
            Ma per riallacciarmi alla premessa iniziale, non è che si stia 
            cercando un “colpevole”? Un capro espiatorio? E che il 
            Rock sia, come il povero professore, un colpevole “perfetto”?
 
 Riguardo 
            alle ipotesi di una regia occulta del mondo dell’economia in 
            tutto questo processo, possiamo portare il caso di alcune aziende 
            che hanno prodotto articoli diventati improvvisamente di moda e che 
            quasi sempre sono state travolte dal successo, arrivato del tutto 
            inaspettato, come è avvenuto ad esempio per la Timberland, 
            che negli anni ’80 ha visto crescere a dismisura gli ordinativi 
            e non riuscendo più a soddisfare la crescente domanda del mercato, 
            prese la decisione di aumentare il prezzo di vendita. Casi come questo 
            sono molto frequenti, inoltre non bisogna dimenticare che molti giovani 
            creano delle mode “fai da te” e il mondo dell’economia 
            si adegua di conseguenza. Tutto questo porta ad escludere l’ipotesi 
            che il mondo dell’economia riesca sempre a manipolare i consumatori, 
            anche se è vero che mettono in atto tutte le strategie possibili 
            per spingere le vendite di determinati prodotti.
 
 Come 
            sappiamo il Rock nasce in America nei primi anni ’50 e diventa 
            immediatamente modello per le nuove generazioni. Quello che succede 
            negli USA ancora oggi diventa trend dopo alcuni anni nei paesi di 
            tutto il mondo occidentale. Ma inizialmente si trattava solo di musica 
            di intrattenimento, il look era ancora abbastanza tollerabile, in 
            qualche caso pittoresco, ma che conservava ancora una certa aria di 
            “presentabilità”, c’erano ancora artisti 
            che si esibivano con vestiti eleganti e con giacca e cravatta. Le 
            trasgressioni di Elvis e di Jerry Lee Lewis si limitavano a dei movimenti 
            di anche e bacino e a pose da star, scandalose per l’epoca, 
            ma che oggi farebbero sorridere di fronte ai vari Marilyn Manson e 
            Lady Gaga.
 
 Negli 
            anni ’60, prendono rapidamente piede i gruppi dei cosiddetti 
            “urlatori”, sono arrivate band aggressive e sfrontate, 
            politicamente scorrette come i Rolling Stones di Mick Jagger, i Kinks 
            coi testi basati su argomenti fino ad allora tabù, mentre gli 
            Who nel brano My Generation gridavano “vorrei morire prima di 
            diventare vecchio”. Ecco che si inizia a celebrare il rifiuto 
            sempre più radicale del mondo adulto, rifiuto che esplode in 
            tutta la sua carica rivoluzionaria sulle note del rock.
 
 Poi 
            sono arrivati gli anni ’70 e il rock ha preso una forte accelerazione. 
            A livello stilistico nascono dei nuovi generi musicali come il viscerale 
            Hard Rock, come l’eclettico e colto Progressive, e come la trasgressiva 
            Psichedelia, basata sul pesante consumo di allucinogeni, mentre declinava 
            il pacifismo bucolico dei poeti come Dylan, Donovan e Baez. Ma quello 
            che ha fatto più rumore (in tutti i sensi) è stato proprio 
            l’Hard Rock, le immagini di Hendrix che brucia la chitarra sul 
            palco sono state sconvolgenti. Fra i giovani si diffonde a macchia 
            d’olio la cultura lisergica, il consumo di stupefacenti, mentre 
            a livello di spiritualità i giovani si rivolgono all’oriente 
            sull’esempio dei Beatles e di molti altri. La contestazione 
            diventa totale e il rifiuto assoluto. Una cosa interessante da notare 
            è che il consumo di musica è vissuto in modo “collettivo”, 
            si va ai concerti che sono dei raduni, si ascolta “insieme” 
            la musica, oggi questo fenomeno è più individuale.
 
 Alla 
            fine degli anni ’70 arriva il Punk, che porta lo scontro generazionale 
            su toni particolarmente aspri, i giovani non si accontentano più 
            di urlare la loro rabbia, la esprimono anche col look e con attitudini 
            autolesioniste, come l’uso di spille, antesignane del moderno 
            piercing.
 La violenza del Punk si esaurisce abbastanza in fretta, per lasciare 
            posto a nuovi generi musicali come l’Heavy Metal e la New Wave, 
            anche se il movimento non è mai morto e negli anni si è 
            evoluto in forme più moderne come l’Emo e il Post Rock.
 
 Verso 
            la fine degli anni ’80 il metal si evolve in molte forme nuove 
            di cui alcune molto estreme come il Black Metal, il Death Metal, il 
            Grind Metal, che urlano sempre più forte il disagio, sembra 
            quasi che l’aggressione sonora non sia mai abbastanza “forte” 
            e diventa una gara a chi ha il sound più feroce possibile. 
            Dal lato New Wave prende piede il Gothic Punk o Dark Wave, che si 
            nutre di tematiche esoteriche dai sapori veramente molto forti. Per 
            contrasto esiste tutta una scena che potremmo definire “easy 
            listening” o musica del disimpegno, musica only for fun, che 
            attraversa tutti i generi musicali con band che spesso durano il tempo 
            di un disco o anche solo di qualche singolo di successo, un successo 
            sempre più effimero, che crea idoli inconsistenti.
 
 I 
            giovani sono creativi per indole ed ecco che negli anni ’90 
            arrivano dei nuovi generi musicali, che si sovrappongono a quelli, 
            ormai già vecchi, degli anni precedenti (che comunque mantengono 
            sempre una buona fetta di pubblico). C’è il violento 
            Crossover e il Nu Metal che mescolano il funky più duro con 
            il già rabbioso metal, compare il Grunge della scena di Seattle, 
            che riporta l’attenzione su un rock essenziale, poi dilaga l’Hip 
            Hop nato nei quartieri più poveri americani, in particolare 
            portavoce del disagio delle comunità afro americane.
 
 Ma 
            quello che succede dagli anni ’90 in poi è un fenomeno 
            nuovo che segna una decisa frammentazione dei generi musicali, una 
            vera babele, non ci sono quasi più i grandi movimenti come 
            il Punk o l’Heavy Metal o il Progressive, ma ci sono decine 
            e decine di sottogeneri musicali, ognuno con un suo specifico pubblico, 
            che ha proprie caratteristiche.
 
 I 
            giovani di oggi sono figli dei giovani contestatori degli anni ’60, 
            la cosa interessante è vedere che le problematiche non sono 
            cambiate, esiste sempre e comunque un divario e una incomunicabilità 
            di fondo fra mondo adulto e giovanile. Il secondo si sviluppa e cambia 
            talmente in fretta da non consentire agli adulti di restare al passo 
            coi tempi e soprattutto permangono le paure nei confronti di pericoli 
            più o meno presunti di cui il Rock sarebbe portatore. Queste 
            “paure” sono naturali, in quanto gli adulti di oggi, nonostante 
            abbiano visto nascere il Rock, dimostrano di non conoscerlo, almeno 
            non nelle sue forme più moderne, e si ha sempre un po’ 
            paura di quello che non si conosce.
 
 Ovviamente 
            quello che fa paura non è il Rock ‘n’ Roll degli 
            anni ’50, quello spaventava ben altre generazioni, che bruciavano 
            in piazza i dischi di Elvis, oggi fanno paura i Rave Party, il metallo 
            satanico, l’autolesionismo Emo, la diffusione della cultura 
            dello sballo, le nuove droghe sintetiche, la cocaina. È recente 
            la notizia dell’esclusione di un noto cantante dal festival 
            di San Remo per aver dichiarato di aver fatto uso di stupefacenti 
            come antidepressivi. Una scelta che a molti è parsa bigotta 
            e anche piuttosto ipocrita, ma che è sicuramente sintomatica.
 
 Un’altra 
            cosa piuttosto interessante da notare è che moltissime rock 
            star particolarmente trasgressive, come ad esempio Alice Cooper e 
            Marilyn Manson, ma possiamo ricordare anche altri personaggi dello 
            spettacolo come Moana Pozzi, hanno alle spalle un’educazione 
            particolarmente rigida, nel mondo americano molti provengono da gruppi 
            cristiani radicali come i mormoni o sono figli di pastori, ma il rigore 
            (spesso ricordato come eccessivo) da un lato non è servito 
            a preservare tali personaggi da certi comportamenti e da un altro 
            lato sembra molto più probabile che abbia invece contribuito 
            a spingerli verso la direzione artistica poi intrapresa.
 
 Riassumendo 
            possiamo dire che il Rock, in quanto espressione del mondo giovanile, 
            ha messo in luce linguaggi e aspirazioni dei giovani, a volte seguendone 
            le inclinazioni, a volte anticipandole. Ha indubbiamente funzionato 
            come una enorme e potente cassa di risonanza delle ambizioni e delle 
            frustrazioni di intere generazioni di ragazzi. Il Rock è il 
            grido che il mondo dei giovani lancia contro la secolarizzazione del 
            mondo adulto. È un grido di allarme, di denuncia, di disagio, 
            di malessere, non può quindi essere rassicurante e tranquillizzante, 
            perderebbe la sua forza espressiva ed esistenziale, di conseguenza 
            tanto maggiore è il disagio, tanto più forte sarà 
            il grido.
 
 Il 
            vasto mondo delle subculture giovanili.
 
 Il 
            termine “subcultura” ha di per se un’accezione negativa 
            e dispregiativa, ma l’intenzione dei sociologi è di definire 
            dei “sottogruppi” culturali e non necessariamente una 
            involuzione del sistema culturale esistente, anche se è vero 
            che alcune subculture (non tutte) sono portatrici di disvalori talvolta 
            preoccupanti o quantomeno considerati potenzialmente pericolosi, si 
            pensi ad esempio al satanismo, che spesso occupa il mondo della cronaca 
            nera, con fatti non propriamente edificanti. Parimenti un termine 
            molto in voga fin dalla fine degli anni ’60 è quello 
            di “controcultura”, che descrive gli stessi fenomeni, 
            anche se pone l’accento sulla cotrapposizione fra mondo giovanile 
            e mondo adulto.
 
 Comunque 
            sia il mondo delle subculture o delle controculture è un vero 
            labirinto, in particolare per gli adulti che a fatica ne comprendono 
            i linguaggi e di conseguenza i possibili effetti. Questa difficoltà 
            si esprime spesso con paure e diffidenze da parte degli adulti che, 
            dimenticandosi di essere stati a loro volta dei giovani, possono diventare 
            dei proibizionisti e che nella migliore delle ipotesi fanno fatica 
            ad accettare i “nuovi” gusti dei figli, considerati come 
            trasgressivi e pericolosi.
 Anzi non è infrequente che genitori molto “aperti” 
            da giovani alle nuove mode, diventino da adulti molto proibizionisti 
            nei confronti dei loro stessi figli.
 Cerchiamo ora di offrire alcuni veloci spunti di riflessione su tre 
            subculture giovanili, legate a movimenti musicali, considerate oggi 
            tra le più potenzialmente pericolose. Nella trattazione seguente 
            ritroveremo alcuni concetti che abbiamo analizzato in precedenza e 
            che di conseguenza rafforzano la solidità delle analisi proposte.
 
 Il 
            Rock Satanico
 
 La 
            storia del Rock Satanico ha una genesi piuttosto lunga ed è 
            un fenomeno molto complesso, che fonda le proprie radici nella cultura 
            esoterica ottocentesca, quando si sono diffusi i circoli legati al 
            culto del paranormale e dello spiritismo. Anche nell’Italia 
            massonica ci sono dei precedenti importanti, troviamo uno dei centri 
            più significativi nella Torino dei Savoia, questi, per contrapporsi 
            allo strapotere politico della Chiesa, diedero ospitalità a 
            tutta una serie di personaggi di dubbia reputazione, maghi, esoteristi 
            e spiritisti. Fra i testimoni illustri di questo clima di opposizione 
            troviamo il poeta Carducci con la sua “Ode a Satana”, 
            dove si respirava tutto il malessere dell’epoca nei confronti 
            della Chiesa, un malessere diffuso e condiviso in molti ambienti. 
            Poi sono arrivati personaggi come il temibile Aleister Crowley, considerato 
            come il padre del satanismo moderno, i cui scritti divennero molto 
            popolari fra i giovani della controcultura degli anni ’60, tanto 
            da finire immortalato sulla copertina del disco dei Beatles Sgt Pepper, 
            i libri di Crowley erano fra le letture consigliate tra i giovani 
            hippie, in quanto considerati “liberanti”. Come parimenti 
            è diventata molto popolare tutta la letteratura di protesta 
            e di rifiuto dei modelli di cui abbiamo parlato sopra.
 
 Poi 
            non bisogna dimenticare che il Rock nasce dal Blues, che a sua volta 
            fonda le sue radici nelle musiche legate ai riti animisti woodoo, 
            importati in America dagli schiavi di colore. Ora si potrebbe argomentare 
            che la sofferenza patita dal popolo africano non poteva certo sfociare 
            in canzoncine allegre e piene di aspettative per il futuro, piuttosto 
            è stata una specie di grande pianto collettivo, che ha trovato 
            nelle tinte intimiste e spesso liberatorie del Blues la propria voce 
            più sincera. Ma ai detrattori del Rock queste argomentazioni 
            interessano molto poco, tanto basta per etichettare il Rock come musica 
            della magia nera e quindi del diavolo.
 
 Da 
            un punto di vista puramente teologico, con buona pace di tutti gli 
            integralisti religiosi del caso, il Rock, come il Blues, non possono 
            essere la musica del diavolo, semplicemente perché il diavolo 
            non è “creatore”, solo Dio è creatore, mentre 
            il diavolo può solo “usare” le cose e non crearle. 
            Ma senza volerci addentrare in questioni così profonde, resta 
            il fatto che i giovani, grazie al cielo, in questi sessant’anni 
            non sono diventati tutti satanisti e che gli omicidi “satanici” 
            (che pure esistono) sono comunque percentualmente di molto inferiori 
            rispetto agli omicidi commessi in altri contesti, come per esempio 
            quelli che avvengono tra le sempre meno rassicuranti mura domestiche, 
            ancorché cristianamente benedette, e che tristemente occupano 
            buona parte dei telegiornali.
 
 Se 
            si escludono le “simpatie” per il diavolo, l’agelo 
            “ribelle” e quindi simpatico, dimostrate da gruppi come 
            i Rolling Stones, comuni anche ad altre formazioni che suonavano rock 
            blues, il rock satanico quindi conosce una prima diffusione concreta 
            alla fine degli anni ’60 con la comparsa di molti gruppi interessati 
            all’esoterismo, gruppi particolarmente coinvolti sono stati 
            gli inglesi Black Widow, che per un periodo porteranno sul palco alcune 
            parti rituali di una messa nera, i tedeschi Amon Duul II e gli americani 
            Witchcraft, che incideranno addirittura una parte di messa nera su 
            un temibile disco. Poi ci sono i gruppi che hanno nascosto messaggi 
            subliminali dal sapore satanico nei loro dischi, primi fra tutti i 
            Led Zeppelin di Stairway to Heaven, gli Eagles di Hotel California, 
            gli Styx, mentre i Beatles hanno nascosto dei messaggi dal sapore 
            necrofilo, ma i casi sono molti, anche se non tutti così evidenti 
            e facilmente riscontrabili. Anche in questo caso bisogna ricordare 
            che tutte le prove scientifiche, fatte sui messaggi subliminali inseriti 
            nei dischi, non sono mai riuscite a dimostrare che tali messaggi siano 
            in qualche modo percepibili dal cervello umano.
 
 A 
            metà degli anni ’70 è comparso uno dei gruppi 
            esoterici più trasgressivi di sempre, i Throbbing Gristle, 
            inventori della musica industrial, poi sfociata anche in musiche elettroniche 
            molto ripetitive, come la techno, l’acid house e l’EBM, 
            che stanno alla base della moderna musica da discoteca. Difficile 
            descrivere in poche battute l’operato di questi folli visionari 
            capitanati da un certo Genesis P-Orridge, che nella sua vita ha fatto 
            un po’ di tutto ed è considerato fra i più influenti 
            artisti concettuali viventi. In particolare ha fondato la setta TOPY 
            (Temple Of the Pshychic Youth) a cui aderiranno per un certo periodo 
            anche gli italiani Rosemary’s Baby. La cosa singolare è 
            che sembra abbiano cercato di applicare le formule magiche alla musica 
            mettendole in loop, cioè in ripetizione continua, in quanto 
            è credenza che la ripetizione continuata sia funzionale al 
            compimento del rituale magico. Da questi esperimenti coi loop nasce 
            più tardi la musica da discoteca contemporanea.
 
 Negli 
            anni ’80 il rock satanico si diffonde principalmente in due 
            movimenti musicali, l’heavy metal e la dark wave, più 
            becero e commerciale il primo, più filosofica ed esoterica 
            la seconda.
 Mentre nel passato molti gruppi cercavano in qualche modo di mascherare 
            o nascondere i propri messaggi, oggi le band in odore di satanismo 
            non mimetizzano più le loro proposte e i loro messaggi risultano 
            molto espliciti come ad esempio fanno i vari Deicide, Impaled Nazarene, 
            Christian Death e King Diamond. Il fenomeno del satanismo non è 
            facilmente verificabile, perché è molto sommerso e nella 
            maggior parte dei casi resta confinato nelle sfere private delle persone 
            coinvolte, solo raramente entra con prepotenza nelle prime pagine 
            della cronaca, con casi spesso agghiaccianti, ma che per fortuna restano 
            percentualmente molto contenuti.
 
 La 
            simpatia per il diavolo espressa dal rock sembra quindi essere stata 
            più una forma di protesta legata alla controcultura degli anni 
            ’60, che in qualche caso ha prodotto delle derive molto tristi, 
            ma che difficilmente si possono addebitare all’ascolto diretto 
            della musica, essendo quasi sempre nate in contesti sociali particolarmente 
            degradati con contorni molto foschi.
 
 La 
            cultura dello sballo, i Rave party
 
 Anche 
            l’utilizzo di droghe legato all’ascolto della musica ha 
            radici profonde, da un punto di vista storico abbiamo i primi esempi 
            nelle culture tribali, con l’ascolto di musiche associate all’induzione 
            in stato di trance, anche attraverso l’impiego di sostanze allucinogene, 
            ma senza voler fare un discorso troppo ampio possiamo dire che il 
            consumo di droghe associato all’ascolto di musica nei tempi 
            moderni ha conosciuto il suo apice negli anni fine ’60 inizio 
            ’70, quando si usavano le droghe per espandere le proprie percezioni 
            sensoriali, erano i tempi in cui si componeva musica sotto l’effetto 
            di allucinogeni, una pratica che ha fatto tante vittime illustri, 
            da Jim Morrison a Syd Barrett, ma anche nella musica classica e nel 
            jazz ci sono diversi casi di artisti che hanno condizionato negativamente 
            la loro vita a causa dell’uso di droghe.
 
 I 
            Rave Party sono il fenomeno più recente di questa lunga tradizione 
            maledetta. I Rave Party sono delle feste illegali che nascono nei 
            primi anni ’80 al ritmo della musica elettronica, nascono generi 
            musicali come l’Acid House, dove “acid” sta appunto 
            all’utilizzo di droghe sintetiche, il cosiddetto “acido”, 
            la Techno, il Drum & Bass, caratterizzate da ritmi incalzanti 
            associati a giochi di luce particolari. I Rave veri e propri, così 
            come li conosciamo, partono verso la fine degli anni ’80 come 
            contestazione socio politica con alcuni elementi fondanti: attacco 
            alla proprietà privata con relativa occupazione di spazi abbandonati 
            e la loro autogestione (questi spazi sono detti TAZ Temporary Autonomous 
            Zone); contestazione delle forme commerciali di musica promulgate 
            dalle discoteche con rifiuto delle forme più consumiste di 
            fruizione di musica; produzione di musica di massa fuori dai canali 
            istituzionali legati alle grandi case discografiche e ai gruppi di 
            potere economico, chiunque deve poter fare musica; percezione sensoriale 
            della musica, per cui è più facile lasciarsi prendere 
            da questa se si è in uno stato di coscienza alterato. Molti 
            di questi valori sono comuni con le controculture degli anni ’60, 
            c’è ancora una volta il rifiuto di fondo del sistema 
            “adulto”. Inizialmente le intenzioni alla base del fenomeno 
            erano molto politiche, non a caso venivano occupate fabbriche e aree 
            industriali, per rappresentare una vicinanza con gli operai disoccupati 
            e le loro condizioni sociali, con uno stretto legame fra suoni provenienti 
            dal mondo del lavoro, dai macchinari, dalle strade e i suoni prodotti 
            dai computer e dai campionatori, con un concetto di musica urbana 
            o industriale. Oggi invece sono andate perse queste connotazioni socio 
            politiche a favore del divertimento a tutti i costi.
 
 L’autolesionismo 
            EMO
 
 La 
            musica EMO deriva dal termine emotional, emotivo, ovvero è 
            musica che punta ad emozionare l’ascoltatore. Come genere musicale 
            la musica EMO discende dal Punk, il movimento nato in Inghilterra 
            alla fine degli anni ’70, già allora questo fenomeno 
            era associato a delle forme di autolesionismo come trafiggersi con 
            delle spille in varie parti del corpo. Poi è venuta la moda 
            del piercing e oggi ci sono sempre più giovani che desiderano 
            sperimentare queste pratiche, che possiamo considerare come autolesioniste.
 
 Ci 
            sono almeno due forme di autolesionismo, la prima è legata 
            alle prove di coraggio, una persona cerca di dimostrare quanto sia 
            forte e “adulta” attraverso il superamento di “prove” 
            dolorose, resistere al dolore, alla paura è una dimostrazione 
            di crescita che attira da sempre l’essere umano. Una volta c’erano 
            i cosiddetti “riti di passaggio” o di “iniziazione”, 
            oggi queste forme nella nostra cultura occidentale sono un po’ 
            sparite, restano solo in piccoli gruppi come ad esempio negli scout 
            con il rito della “partenza”, ma in generale nella nostra 
            cultura questi riti sono stati rimossi. I riti di passaggio avevano 
            una funzione molto importante di gestione del cambiamento dall’età 
            della fanciullezza all’età adulta ed è possibile 
            che la loro scomparsa abbia generato delle forme “alternative” 
            fai da te per dimostrare al mondo quanto si è diventati “grandi”, 
            non è un caso se prendono sempre più piede ad esempio 
            gli sport estremi. Poi c’è una forma molto più 
            preoccupante di autolesionismo, che coinvolge l’autostima, in 
            questo caso la persona non vuole dimostrare coraggio o almeno non 
            è una priorità, l’obiettivo principale è 
            “punirsi” per qualche colpa di cui ci si sente responsabili 
            e procurarsi delle punizioni diventa un atto liberante.
 
 Le 
            forme di autolesionismo punitivo sono diverse e quelle più 
            frequenti riguardano i disturbi alimentari come l’anoressia, 
            la bulimia e il binge eating (mangiare compulsivo), gli psicologi 
            associano le pratiche di autolesionismo in cui ci si procura delle 
            ferite con strumenti da taglio ai disturbi alimentari, perché 
            la radice psicologica è la stessa, le motivazioni che inducono 
            gli individui a cadere in questi comportamenti hanno tutte gli stessi 
            presupposti psicologici.
 
 Il 
            fenomeno dell’autolesionismo associato alla musica EMO sembra 
            abbastanza diffuso, ma se ne conoscono ancora poco i contorni, di 
            fatto la musica in se non lancia messaggi di tipo dichiaratamente 
            autolesionista, sembra più una moda che si è diffusa 
            fra gli appassionati di questo particolare genere musicale. Il fatto 
            rilevante è che indagando sulle motivazioni che spingono le 
            persone all’autolesionismo emergono costantemente alcuni elementi 
            comuni, che riguardano tutti l’autostima e il bisogno di riconoscimento, 
            la musica anche in questo caso può veicolare alcuni comportamenti, 
            ma questi si manifestano se ci sono altri presupposti, senza i quali 
            nessun ascoltatore di musica Emo arriverà mai a procurarsi 
            delle ferite sul suo corpo.
 
 Conclusioni
 
 Allora 
            il rock è colpevole di tutto questo?
 
 Di 
            sicuro oggi i giovani sono molto più informati e sollecitati, 
            ma questo non è colpa del rock, la musica è il mezzo 
            principale con cui i giovani si esprimono e attraverso di questa lanciano 
            i loro messaggi al mondo. Questi messaggi vanno ascoltati e capiti, 
            non giudicati.
 
 Se 
            ci si ferma al giudizio, si crea una frattura che porta inevitabilmente 
            all’incomunicabilità.
 
 Se 
            invece si cerca il dialogo e la comprensione, forse ci accorgeremo 
            che i giovani hanno bisogno di esprimersi e che ascoltandoli li possiamo 
            aiutare a crescere e ad affrontare le sfide che questo comporta. Non 
            ha senso fare crociate contro il rock, perché nel mondo dell’informazione 
            globale sarebbe una guerra persa in partenza e lo spreco di una importante 
            opportunità, quella di dialogare col nostro futuro.
 
 Giancarlo Bolther
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