Rock Impressions

Kosmos KOSMOS - Kosmos
The End Records
Distribuzione italiana: Masterpiece
Genere: Space Rock / Psichedelic
Support: CD - 2007

I Kosmos sono un supergruppo canadese, che spicca per la presenza di Michel Langevin (Voivod), formatosi nel 2005. Il nome richiama alla mia mente due parole, cosmico e cosmopolita, il primo vuol dire spaziale, universale, il secondo cittadino del mondo, sintesi perfetta di tutto quanto questi musicisti freakettoni rappresentano. Ovviamente i riferimenti primi vanno al krautrock, con Embryo in testa, ma anche Amon Duul, Schulze, Popol Vuh, Gong e Hawkwind. Space rock quindi senza limiti, ma anche ampie dosi di psichedelia e di musica elettronica.

Fin dal primo ascolto questo disco sembra fare un viaggio indietro nel tempo di trent’anni, nella tradizione musicale che abbiamo già richiamato. Si parte con le follie della visionaria “Psycho”, una partenza davvero strana e che non riflette pienamente il sound che andremo ad ascoltare nei brani successivi, qui lo space rock viene mescolato anche con elementi funky e rhythm ‘n’ blues, fantastico il giro di basso centrale che lancia il solo di hammond ad alto tasso di nostalgia. Molto carina la cantilenante “Dream”, un po’ bolero e un po’ elettronica. “Grand Grizou” è dominata da un hammond infernale, che sciabola note su note sull’ignaro ascoltatore, da brivido per chi ama questo particolare strumento. “Yawa” è una breve traccia sperimentale rumorista, seguita dalla sciamanica e orientaleggiante “Indu Kush”, il primo brano che, senza indugio alcuno, mi ha fatto venire in mente gli Embryo con i suoi accenni world music mescolati alla psichedelia. “Much Too Old” riporta in auge gli Hawkwind del periodo The Chronicle of the Black Sword. “Kosmos” è un altro brano rumorista e sperimentale, in fondo questa è la vera anima del gruppo. Guarda caso è seguita da “Krautrock”, che non ha certo bisogno di presentazioni… Le meditazioni elettroniche arrivano con la siderale “Septial”, Schulze a go go. “Amerique Innavouable” è piuttosto indefinibile, uno dei pochi brani cantati e che presenta suoni vagamente hard rock. Con “Mothership” siamo ancora in pieno space rock con tanto di percussioni tribali, primitivo e futuro si incontrano in una improbabile linea d’ombra. Chiude “Messe Noire” un titolo sinistro per un brano di puro hard rock, una chiusura energica.

I Kosmos sono un gruppo stravagante e anche molto derivativo, la loro musica ha un tasso nostalgico molto elevato e non sembra offrire spunti di modernità, questa è la critica maggiore che penso si possa fare, d’altro canto sono anche una band perfettamente calata nel proprio mondo musicale e questo loro disco da un punto di vista stilistico è praticamente perfetto, a volte un po noiosetto, ma è il classico caso “se questo disco fosse uscito nel… sarebbe un capolavoro!” ma non lo è. GB


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