| Cantare 
            la fede, la gioia, la speranza non è facile, il problema maggiore 
            è che quando si cerca di esprimere concetti come questi è 
            particolarmente facile risultare banali o mielosi. Invece la rabbia, 
            l’insofferenza, la malinconia sono pensieri molto facili da 
            esprimere e rappresentare sia con dei testi che con delle melodie, 
            basta pensarci un attimo per rendersene conto.
 Mimmo Iervolino con questo suo disco ci prova con un candore disarmante, 
            Mimmo non è un cantante qualsiasi, ma è un prete e ha 
            deciso di confrontarsi con un mondo che sembra così lontano 
            dall’odore che si respira nelle sagrestie delle nostre chiese, 
            forse un po’ meno negli oratori, ma che comunque incontra spesso 
            diffidenze e ostacoli in certi ambienti che potremmo definire “clericali”, 
            ma Mimmo canta anche la difficoltà di vivere ogni giorno, le 
            amarezze che però non sono mai la risposta ultima, alla fine 
            il traguardo è sempre la speranza.
 
 Iervolino ha già una lunga carriera alle spalle con cinque 
            dischi prodotti dal ’94 ad oggi e una serie importante di apparizioni 
            e partecipazioni, ma com’è tristemente ovvio in questi 
            casi, il suo nome non figura fra quelli più noti del music 
            business italiano. Lo stile scelto da Iervolino è quello cantautorale 
            che ricorda un po’ Ron per la tonalità, con una voce 
            pulita e molto melodica e una cura particolare nella scelta degli 
            arrangiamenti. Anche se alcuni suoni utilizzati sono campionati c’è 
            un gruppo di artisti insieme a Mimmo, ma non basta, il cd contiene 
            anche un’interessante traccia interattiva con video di ogni 
            brano, testi spartiti, biografia. Comunque nelle dodici tracce del 
            cd si respira una fede sincera, che tiene conto delle difficoltà 
            della vita e che non cerca di nascondersi dietro i facili paraventi 
            di una predicazione priva del senso del vivere quotidiano, ma che 
            ci regala sprazzi di vita vera con lo sguardo puntato verso il cielo.
 
 Non mancano momenti vivaci come la blueseggiante “Ponte tra 
            Cielo e Terra”, dal testo veramente bello, ma è divertente 
            anche il mix fra gospel e techno di “Una Parola Nuova”. 
            “A Mà” in dialetto partenopeo si rifà direttamente 
            alla grande tradizione napoletana e così via in una discreta 
            alternanza di generi e atmosfere.
 
 Il disco è molto piacevole e i testi non sono troppo “schierati”, 
            per questo il disco può piacere anche a chi non ama tematiche 
            troppo di parte, una valida alternativa allo strapotere di artisti 
            che troppo spesso hanno veramente poco da dire. GB
 
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