New York based band fondata da Jason Sebastian Russo, che ha collaborato
con i Mercury Rev, con due di loro ha condiviso il side project Harmony
Rocket. Nella formazione che ha registrato questo mini cd troviamo
anche il singer Mark Gardener dei Ride, una formazione molto apprezzata
di Indie Rock. La band è in attività da metà
anni ’90 e da allora ha prodotto una discreta serie di lavori
fra la psichedelia e lo space rock, presenziando in alcune colonne
sonore e ottenendo i consensi della critica specializzata. Personalmente
li incontro per la prima volta e non posso fare paragoni coi loro
lavori precedenti, ma posso già anticipare che questo disco
mi ha incuriosito parecchio.
Gli Hopewell riprendono una tendenza di fine anni settanta, quella
di fare split e Ep, cosa che si sta diffondendo fra molte band alternative.
Personalmente ho sempre apprezzato molto gli Ep, permettono alle band
di sperimentare con grande libertà e di concentrarsi su poche
canzoni, che risultano sempre molto interessanti, del resto credo
che almeno il 95% di ogni Long Play possa essere sintetizzato in un
Ep, avremmo molti più capolavori e molte meno canzoni riempitive…
ma questa è un’altra storia.
Il disco parte con la cover di “Needle in the Camel’s
Eye” di Brian Eno, una scelta interessante, che gli Hopewell
rendono bene, il clima è sessantiano, da garage band per capirci,
molto beat e credo che sia un brano davvero evocativo, cover riuscita.
Molto sixties anche “The King & the Canary”, che è
anche molto convincente, potrebbe tranquillamente confondersi col
repertorio di quel periodo e penso che nessuno se ne accorgerebbe.
“This Is This” è acida, molto psichedelica, anche
in questo caso lo spessore del gruppo emerge con prepotenza, a colpirci
è la sorprendente capacità di questi musicisti di ricreare
determinate atmosfere e sonorità, sempre efficaci. “Over
the Mountain” è un brano tribale e acido, si stacca dalle
cose precedenti e il gruppo osa un po’ di sperimentazione, interessante
come b-side, ma non così riuscito come i precedenti. “The
Six Knowables” invece è follia pura, sembra quasi un
brano partorito dalla scuola di Canterbury o dal movimento RIO (Rock
In Opposition), tra free jazz, psichedelia pura e improvvisazioni
alla John Zorn, difficile coniugarlo con quanto ascoltato prima, ma
in fondo definisce meglio il carattere di questi musicisti imprevedibili.
Bravi questi Hopewell, una band con un concetto alto di musica. GB
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