Rock Impressions

Hidden Lands - In Our Nature HIDDEN LANDS - In Our Nature
Progress Records
Distribuzione italiana: -
Genere: Prog
Support: CD - 2012


Forse in pochi si ricorderanno dei Violent Silence, una band svedese che ho amato molto, autrice di due ottimi album usciti fra il 2003 e il 2005, il loro tastierista Hannes Ljunghall, che è stato anche uno dei due compositori del gruppo, si era ritirato per motivi familiari (due figli), oggi riemerge dal silenzio con 4/5 della vecchia formazione, di cui manca solo il batterista, l’altro motore compositivo (che sta portando avanti il nome dei Violent Silence e ha finalmente annunciato verso la primavera l’uscita del terzo capitolo). Vista l’impossibilità di usare il vecchio moniker ecco un nuovo nome, ma in fondo questo progetto vuole essere la continuazione di quanto interrotto anni fa.

In Our Nature parte con un brano quasi omonimo, aperto da un’atmosfera quasi pinkfloydiana e vagamente kosmiske musik, ma che presto evolve in un prog nervoso e post moderno piuttosto complesso e ricco di fascino, ben costruito e quasi interamente dominato dalle tastiere, lo strumento principale di Hannes, che suona anche la chitarra. “L’Ancien Régime” è invece fra il neoclassico e certo prog settantiano, in particolare italiano, con prevalenza della prima componente, un brano malinconico e delicato, quasi sussurrato, meno coinvolgente, ma più raffinato. “The Road to Halych” presenta subito una sezione ritmica più dinamica, la linea melodica è piacevole, ma anche un po’ impersonale, vagamente new prog e un po’ prolissa. “Incurable” sembra seguire la stessa impronta, meno dinamica, ovviamente sono due brani diversi, ma sempre legata a sonorità new prog, ma anche a certo pop inglese, penso a Joe Jackson, un brano molto pianistico, è il più lungo del disco con quasi undici minuti e ci sono molte situazioni, per questo richiede più ascolti per essere assimilato, bello il finale. “Stiletto Runner” è piuttosto originale, appoggiata ad un tempo incalzante e giocata su ritmiche dispari è una corsa che dopo l’interesse iniziale perde un po’ il suo fascino. Chiude la poetica “The Night Garden”, quasi beatlesiana, un brano lirico davvero bello, toccato da una grazia che non si è ascoltata negli episodi precedenti.

Questo nuovo progetto sembra presentarsi meno coinvolgente del precedente, i Violent Silence erano più energici, mentre gli Hidden Lands appaiono più pacati e riflessivi, ma in fondo è come un nuovo debutto e devono prendere fiducia nelle proprie possibilità, che sono sicuro emergeranno già col prossimo lavoro, qui sono espresse in potenza e quello che abbiamo ascoltato promette molto bene. GB

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