Prima di tutto voglio sottolineare l’impegno produttivo a favore
dell’artwork e del supporto in generale, perché pur essendo
una autoproduzione è sicuramente migliore di moltissimi altri
prodotti e non solo del genere. Belle e indovinate con la musica le
illustrazioni di Fabio Magnasciutti per la copertina e i dipinti interni
di Eva Danese.
Detto questo, Glareshift è un progetto di Alessandra Bersiani
(batteria, tastiere, voce e flauto) e Daniele Nuzzo (chitarra, synht
e voce) che si forma nel 2011 come ricerca musicale, interagendo con
stili quali il Progressive Metal oscuro di Anathema o di Steven Wilson
e il nuovo Rock Alternativo di Dredg o Oceansize solo per intenderci.
Nel disco la band è completata da Gianluca Chris Quoley (basso),
mentre la formazione vede oggi anche Fabrizio Presago (voce, percussioni
e tastiere). Compaiono come special guest Jerry Cutillo al flauto,
Andrea Adduci (voce), Valentina Valeri (voce), Emil Dee (Bodhràn),
Eva Danese (tamburo shamano e voce) e Fabio Magnasciutti (voce narrante).
“Second Mirror” è formato da cinque tracce, di
cui tre mini suite. Questo è il primo capitolo di una trilogia
che narra di un viaggio nel proprio “Io”, ispirato da
“Alice Nel Paese Delle Meraviglie” di Lewis Carrol. La
protagonista percorre gli eventi attraverso due specchi, quello dell’anima
e quello delle cose reali, il risultato la porta a conoscere una persona
differente da quella che è.
E allora si comincia con i dieci minuti di “Reflection”,
dal suo oscuro arpeggio che in crescendo va a toccare le corde oscure
dell’animo. L’incedere porta ad una apertura ruvida, in
stile Anathema periodo “Regret” con qualche punta di Paradise
Lost. Effetti alla voce giocano con echi e coralità, dove un
flauto tende ad addolcire il suono metallico e potente. Buono l’uso
della chitarra, anche effettata in stereofonia sincopata in un solo
compatto ed essenziale. Dura “EnTrance”, aperta al mondo
Tool, cadenzata, martellante, per poi sciogliersi in un cantato malinconico
e ottimo interprete delle atmosfere.
“InSight” è il brano più lungo con i suoi
quattordici minuti di Prog Alternativo e oscuro come la pece. Giri
di basso roboanti fanno da evidenziatore al concetto. Si bada alla
sostanza emotiva anche nel caso della lenta “Realeyes”,
un requiem sonoro con il bodhràn a cucire sensazioni arabesche,
con il canto femminile nel crescendo finale davvero d’impatto.
Il flauto fa da collante alla conclusiva semi suite dal titolo “Exit”.
Qui i Glareshifth danno sfoggio di tutto il loro repertorio artistico,
schitarrate, cambi umorali e di tempo, coralità comprese. Il
viaggio sonoro è finito.
La musica dei Glareshift vive molto di effetti, un film sonoro che
strappa sensazioni differenti. Canzoni per un Progressive non inteso
come senso di appartenenza agli anni 60/70, anche se alcuni spunti
se ne evincono, ma Progressive nel senso di ricerca e contaminazione,
un lavoro che sono sicuro non lascerà indifferenti molti addetti
ai lavori e rivolto ad un pubblico attento, sempre in vena di nuove
emozioni. Senza paraocchi, scusate… senza paraorecchie. MS
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