Rock Impressions

Giubbonsky - Storie di Non Lavoro GIUBBONSKY - Storie di Non Lavoro
Selfproduced
Distribuzione italiana: si
Genere: Folk Rock
Support: CD - 2010

I Giubbonky sono una band che unisce Guccini, De André, Bubola, Modena City Ramblers, in un mix di folk rock e ballate cantautorali, tutte dal forte sapore politico, sembra di tornare al tempo dei cantautori impegnati degli anni ’70, una tradizione che si è un po’ persa negli ultimi anni di grandi luci e di spettacoli pieni di belle donnine e di aspiranti starlette. Stiamo assistendo quasi impotenti alla costruzione di una generazione stordita dall’illusione del facile successo, ma la realtà è un’altra e i Giubbonsky provano a cantarla secondo il loro punto di vista.

Le nove canzoni proposte hanno tutte una fisionomia precisa, quella che abbiamo già cercato di anticiparvi in apertura, si attacca con “Terra Perduta”, una ballata quasi alla Tom Waits, una melodia triste e sognante che racconta le difficoltà del popolo Rom, buono il tessuto musicale, ma la resa vocale è molto sottotono, purtroppo il cantante e chitarrista Guido Rolando ha una timbrica che non funziona, suona un po’ troppo da “ritrovo con gli amici attorno al fuoco”, se mi permettete l’espressione, mentre il brano in se non sarebbe niente male. “Non Lavoro” è il brano da cui viene tratto il titolo del disco, una ballata tra folk e tentazioni rock, il mix è buono, mentre il testo graffia, ha una buona profondità, che ricorda gli autori già citati, in particolare De André e Guccini, la pecca risiede sempre nella voce di Guido, ma non voglio ripetere le critiche già espresse, valgono anche per i brani a seguire. “Città Blindata” invece sembra uscita dalla felice penna di Bubola, è ancora folk rock, ancora un testo che continua a scavare nelle ipocrisie dei nostri giorni. “Rio Preca” è una ballata popolare, sempre molto arguta, le liriche sono sicuramente un punto di forza di questa band. Si va avanti con “Forza Mafia”, “Flatulente”, “Gelato in Febbraio” dedicata all’uccisione di Luca Rossi (www.luca-rossi.it) e ancora “Carpe Diem” e “Senzacqua”, tutti tasselli di un unico mosaico disegnato da un cantastorie dei giorni nostri.

Rolando tiene viva la tradizione dei trovatori da osteria (non intendo offendere, nutro un grande rispetto per questi artisti), dai quali ha preso lo stile arguto e la franchezza disincantata, dei tempi moderni ha preso lo stile rock asciutto e penetrante, solo deve trovare un cantante che interpreti i suoi brani, per il resto ci sono ottime idee in questo disco, sia da un punto di vista musicale che lirico. GB

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