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            Sembra strano 
            dirlo, ma il mondo del prog da vari anni sta vivendo una certa standardizzazione, 
            molte band suonano imitando i vecchi leoni oppure si accodano a quei 
            pochi che tentano, non senza fatica, di rinnovare il genere, il guaio 
            maggiore è che molti lo fanno in modo del tutto impersonale 
            e privo di lampi di genio. Questi musicisti portoghesi al loro debutto 
            discografico dimostrano di volersi muovere nell’ambito del prog 
            metal ipertecnico, senza dipendere troppo da modelli precisi, piuttosto 
            offrono un mix di influenze che va dai Rush ai Tool, passando per 
            i Primus e Muse, al tutto si può aggiungere anche qualche traccia 
            di pop nelle melodie.
 L’album è piuttosto complesso, ci sono sette tracce piuttosto 
            lunghe, con un paio di suites e tre brani che superano ampiamente 
            i sette minuti, ma quello che colpisce è l’impegno tecnico 
            profuso da questi ragazzi. Il primo brano “Memories Faded Away” 
            ha un incipit che suona molto classico prog metal, con un giro di 
            tastiere prevedibile, poi entra la band con dei ritmi complessi e 
            si sente che le cose cambiano in modo radicale in meglio. “Remember 
            It” ha una vocazione molto pop, belle le melodie vocali, che 
            impreziosiscono il tessuto prog più complesso, davvero un bel 
            brano. “Call For Me” è la prima suite e mostra 
            il lato più prog del combo, non ci sono più melodie 
            facilmente riconoscibili, ma intrecci su intrecci, spesso intriganti. 
            “Don’t Trust My Eyes” è una via di mezzo 
            fra le caratteristiche precedenti e per questo intriga meno. “Why 
            Nobody Cares” contiene dei passaggi notevole, col basso in grande 
            evidenza, a livello compositivo però non lascia il segno. “Shadows 
            Black and Grey” è un brano molto nervoso, che ridà 
            forza al disco, è molto tecnico, ma è anche capace di 
            dare buone emozioni, poi verso la metà si perde un po’ 
            per riprendere verso il finale, ma senza recuperare del tutto il buon 
            avvio. Chiude la lunga “My Will To Live”, dove nei quasi 
            ventisei minuti la band mette tutta la propria creatività per 
            dar vita ad una suite particolarmente impegnativa.
 
 Questi ragazzi hanno avuto la tentazione di mettere in mostra subito 
            tutte le loro abilità, come se da questa occasione fosse dipeso 
            tutto il loro futuro e questo, in qualche occasione, affetta un po’ 
            il disco, forse sarebbe stato meglio dosare con più saggezza 
            i tecnicismi e lasciare più spazio alle belle melodie, di cui 
            la band è capace, ma c’è tempo per correggere 
            il tiro. GB
 
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