| L'attivissima label statutitense Cuneiform Records, da sempre attenta 
            ai fermenti dell'underground, patrocina l'esordio di questo interessante 
            quartetto del Wisconsin. Unico nome a me noto, quello del solido bassista 
            William Kopecky, già attivo con un suo proprio progetto, oltre 
            ad aver prestato le proprie non indifferenti qualità tecniche 
            al servizio di ensemble dal valore riconosciuto quali Parallel Mind, 
            Tempest e Par Lindh Project.
 
 Costituitisi nella primavera del 2003 e dichiaratamente influenzati 
            sia da grandi compositori quali Stravinsky e Bartok che da numi tutelari 
            del prog settantiano più colto (Univers Zero, King Crimson) 
            e sinfonico (ELP), si producono in una sorta di musica da camera pesantemente 
            innerbata da scorie rock e derive jazzy.
 
 Il risultato è di tutto rispetto, culminante in pezzi di grande 
            presa emotiva (anche se trattasi di strumentali), quali la suite "Something 
            out there", suddivisa in tre movimenti dall'incedere enigmatico 
            e darkeggiante, o da altri episodi sicuramente degni di menzione come 
            "Going somewhere?", "With one swipe of its mighty paw", 
            "Tracking" e "The turning". Il quartetto (completato 
            dalla brava violoncellista Angela Schmidt, dal tastierista e compositore 
            Dan Maske e dal percussionista Craig Walker, tutti sostenuti da robusti 
            studi classici che permettono loro di dominare a piacimento il pentagramma) 
            si produce in un interessante melange sonoro, ove la strumentazione 
            più tipicamente rock viene asservita a contesti classici e 
            quella colta ad ambienti decisamente inusuali per questi e più 
            tipicamente rock. Il tutto senza definire chiaramente i ruoli di ogni 
            singolo partecipe, tutti coinvolti alla pari alla definizione del 
            brano, sia in fase di costruzione ritmica che di sostegno armonico, 
            tenendo comunque spesso in primo piano la sezione ritmica, in questo 
            caso fungendo violoncello e tastiere da accompagnamento. Gran finale 
            assegnato ad un'altra suite, "Fiction", negli oltre sedici 
            minuti della quale i nostri danno libero sfogo alla loro creatività.
 
 Davvero un gran bel disco, sia nei contenuti musicali che nella glaciale 
            grafica (raffigurante solinghi paesaggi innevati e lande gelate). 
            AM
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