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            tenacia è una dote poco comune, ma i Faith di tenacia (forse 
            sarebbe meglio dire di “fede”) ne hanno davvero tanta, 
            basta pensare che il gruppo ha iniziato nel lontano 1984, ma a parte 
            un raro Ep dell’86 si è dovuto aspettare il 2003 per 
            avere per le mani il primo album del gruppo Salvation Lies Within, 
            che per i più curiosi è stato ristampato due anni dopo 
            dalla label nostrana Doom Symphony, un secondo album nel 2006 ha preceduto 
            l’uscita di questo terzo lavoro che andiamo a recensire. Il 
            gruppo è composto da un classico trio chitarra, basso e batteria, 
            il bassista Christer Nilsson si occupa anche del canto. Nonostante 
            il gruppo si cimenti col doom non si tratta di uno dei tanti cloni 
            dei Black Sabbath o dei primi Judas Priest, perché i Faith 
            mettono nel loro sound anche elementi folk, sinfonici e progressivi 
            che li distinguono da altre formazioni.
 Blessed? si compone di nove brani piuttosto ben congegnati, l’alternanza 
            di doom classico con inserti folk e sinfonici si amalgama molto bene 
            e crea grandi suggestioni, ora epiche, ora solenni, ora di pura tenebra 
            e questo tiene sempre viva l’attenzione anche nell’ascoltatore 
            più navigato. Nonostante queste qualità innegabili al 
            gruppo manca un po’ di carisma, quell’aura di magia da 
            renderli indispensabili. Questo però non toglie che Blessed? 
            sia un ottimo disco.
 L’inizio è pomposo, magniloquente, quasi un’overture 
            classica, impostazione che ritroviamo in tutto il brano, anche nei 
            frangenti più metal, la lunghezza del brano, che supera gli 
            otto minuti, alla lunga risulta il punto debole, se fosse stato più 
            breve sarebbe stato perfetto. La seguente “Big Red Nebraska” 
            è proprio uno di quegli episodi a cui accennavo dicendo che 
            il disco manca un po’ di carisma. In “Polska Efter Ida 
            i Rye” il gruppo si avvale del contributo di due musicisti folk, 
            ne esce un episodio originale e carico di fascino, che piacerà 
            molto a tutti gli amanti del folk metal. “Necropolis” 
            invece si tinge di progressive e mistero, con un cantato che a tratti 
            si rifà al gregoriano, la fantasia non manca ai Faith. “Twilight” 
            è piuttosto originale, con delle linee melodiche abbastanza 
            insolite, epiche e piene di malinconia, ne riconosco il merito anche 
            se non mi cattura. “Condemned” è più rabbiosa, 
            siamo sempre su ottimi standard. “Father Pious” ci riporta 
            ad un classico doom sulfureo, abbastanza lento e cadenzato, ma non 
            particolarmente coinvolgente. La conclusiva “Leipzigpolska”, 
            che come fa intuire il titolo presenta ancora elementi folk, è 
            sicuramente una chiusura degna di questo disco davvero poco comune.
 
 I Faith sono una band originale, non sempre l’originalità 
            paga e forse anche i Faith dovranno sudare per farsi conoscere, ma 
            di certo sono capaci di fare musica interessante, con un tocco di 
            carisma in più potrebbero fare davvero il colpo grosso. GB
 
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