Rock Impressions

DŸse DYSE - dŸse
Exile On Mainstream
Distribuzione italiana: Southern Records
Genere: Noise Rock
Support: CD - 2007

Questa band tedesca si è formata nel 2003 e ad oggi ha pubblicato tre singoli prima di questo album di debutto, il gruppo nasce come side project del batterista Jari Rebelein (Rodeo Queen e ex Nail) e del cantante e chitarrista André Dietrich (Volt) che si sono incontrati in tour e hanno deciso di unire le forze con l’intento di fare musica totalmente fuori dagli schemi. Ovviamente essendo un duo hanno una grande libertà che si traduce in sperimentazione pura. Nel disco ci sono degli ospiti in alcuni brani, ma che hanno un impatto decisamente marginale al sound dei nostri.

Fra hardcore punk, stoner, post rock, suoni pesanti e oltre modo distorti si forma il gusto di questi musicisti veramente “alternativi”. Ne escono queste otto traccie sguaiate e sporche, piene di energia come non se ne sentiva da tempo, in un certo senso mi sono sembrati dei moderni Stooges, con gli opportuni distinguo, quello che il gruppo di Iggy Pop ha cercato di creare alla fine degli anni sessanta sembra essere lo stesso obbiettivo aggiornato coi tempi di Jari e André. L’attitudine punk è molto presente, se non nello stile, almeno a livello di approccio alla materia musicale.

Il brano di apertura “Underlaydisk” si presenta molto più complesso di quanto si potrebbe immaginare con la mia introduzione, si tratta di un funky rock esasperato, come una versione molto punk e acida dei Primus. Più lineare e diretta è “Zwarte Pieten”, ma trasuda grande rabbia ed energia anche se alla lunga l’ho trovato un po’ monotono. “Monstermann” è puro punk del nuovo millenio, riffs secchi e un cantato sguaiato come pochi, c’è da chiedersi che significato dare a tanta violenza sonora. “Der Mann Aus Gold” è retta da una ritmica molto tribale, il singer sembra fare il verso al primo Peter Murphy dei Bauhaus, infatti il brano è decisamente oscuro e maligno, poi il tutto si trasforma fino ad arrivare ad un metal estremo, vicino al Death. Ancora più urlata e disperata appare “Rhythmus”, ma poi c’è un intermezzo che placa un po’ gli animi, ma è solo una parentesi prima dell’armageddon finale. Troviamo ancora dei ritornelli ripetuti in modo ossessivo in “Doccode”. Più interessante è “Wokkk” retta ancora da un ritmo dal sapore funkeggiante, che poi si trasforma in un intermezzo onirico e psichedelico, vagamente jazzato, uno dei momenti migliori del disco. Chiude il giro avvolgente di “Wolke”, uno dei momenti più pacati e forse anche per questo più riusciti, almeno per il mio gusto.

È bello incontrare ancora degli artisti che sanno fare musica, certo non sono un gruppo per tutti, non sono “radiofonici”, non sono ancora nemmeno “maturi”, ma la loro sperimentazione potrebbe dare il via ad una nuova stagione del rock, che molti stanno aspettando da tempo. GB


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