Rock Impressions

Delirium - Il Nome del Vento DELIRIUM - Il Nome del Vento
Black Widow Records / Rai Trade
Distribuzione italiana: Black Widow
Genere: Prog
Support: CD - 2009

I Delirium sono uno dei nomi da culto del prog italiano degli anni ’70, penso che siano in pochi a non sapere che sono stati la band di Ivano Fossati e chi non conosce il loro inno “Jesahel”? Ma un po’ meno saranno quelli che sanno che erano considerati come la risposta italiana ai Jethro Tull, ma i Delirium avevano una loro fisionomia e l’accostamento derivava più dall’avere in formazione un flautista, che non da una vera somiglianza, infatti i nostri sono sempre stati più jazzy del gruppo inglese. Comunque la prima formazione è arrivata ad incidere tre album in studio, poi ci sono state alcune reunion, ma è solo oggi che siamo riusciti ad ascoltare un album tutto nuovo di questi musicisti che sicuramente avrebbero meritato maggior fortuna.

Il Nome del Vento è un album in puro stile prog, fin dall’inizio si respira un’aria d’altri tempi, ma non è un disco retrò, piuttosto sembra riuscito a far tornare in vita, nel suo pieno splendore, un genere che a distanza di tanti anni ha ancora molti ammiratori, ancora desiderosi di compiere nuove avventure musicali. E come un’avventura è anche questo disco che si snoda come un racconto, nella migliore tradizione del genere. I testi sono molto poetici e onirici, le musiche sono ariose, delicatezza e forza si uniscono in un mix molto personale, si sente che il gruppo è tornato per fare le cose per bene, non è un disco tanto per fare, per racimolare un po’ di grano (anche perché oggi, ahimé, c’è poco da racimolare…). La cura delle composizioni e degli arrangiamenti è ammirabile, anche se oggi non suonano più così innovativi come poteva essere trentacinque anni fa, ma la classe c’è tutta. Il songwriting è piacevolmente vario e accanto al jazz e alle partiture articolate, col flauto che spesso imperversa, ci sono anche delle chitarre dal piglio deciso, sfiorando in qualche momento l’hard rock, ma senza mai esagerare, in fondo i Delirium sono sempre stati piuttosto garbati. Non mancano di certo delle lunghe parti strumentali piene di passaggi molto belli. Nel cd sono presenti come bonus anche “L’Aurora Boreale” e il video clip di “L’Acquario delle Stelle”.

Poi ci sono vari artisti che hanno contribuito alla riuscita del disco, ritroviamo il compositore storico dei testi Mauro La Luce (“Lo Scemo e il Villaggio”), il cantante Stefano Galifi dei Museo Rosembach che canta “Profeta senza Profezie”, da non dimenticare la brava Sophya Baccini (Presence) che impreziosisce con la sua voce molti brani del disco e c’è anche un quartetto d’archi femminile, poi c’è il ritorno dello storico chitarrista Mimmo di Martino. Il tutto contribuisce ad alzare l’interesse per questo disco, che giunge un po’ inaspettato, ma che sa ripagare pienamente della fiducia e dell’affetto verso questa band.

L’unico punto debole a mio parere sono le parti cantate, questo disco ha il limite di tanto prog tricolore, i testi complessi e pieni di poesia non sempre si integrano bene con la metrica jazz rock e possono risultare spigolosi ai più, ma è un “difetto” che i veri amanti del prog negli anni hanno saputo perdonare ai nostri musicisti. Comunque sia questo è un bel disco che lascierà sorpreso più di un vecchio ammiratore e che potrebbe meravigliare anche qualche giovane appassionato di buona musica. Bentornati Delirium! GB

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Interviste: 2009

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Il Progressive Rock, quello canonico, sembra avere vita eterna. Illude e preoccupa il fans, muore e rinasce dalle sue ceneri continuamente, seguendo uno schema altalenante. In questi ultimi anni stiamo assistendo ad un ritorno massiccio dei cosiddetti capisaldi del Prog Rock italiano, per fare solo alcuni nomi dico Metamorfosi, Osanna ed ora i mitici Delirium. Inutile rimarcare il successo discografico che ha ottenuto il singolo “Jesael” a San Remo, nel 1972, vero inno per una intera generazione di giovani. Inutile anche ricordare che questa è la band del cantautore Ivano Fossati. Di questo e di altre cose ne hanno parlato abbondantemente le riviste specializzate. Quello che a noi interessa è questo rifiorire di band , come un voler spronare ancora una volta, l’ennesima, i giovani ad intraprendere la strada dell’essere e non dell’apparire. Musica per la mente e così via. Ebbene i Delirium rispolverano dal loro baule melodie lontane, senza tempo. Ci sono brani che hanno preso vita nel 1975 e poi abbandonati, ora rielaborati e portati allo splendore. Ne nasce “Il Nome Del Vento”, un disco dal sapore antico , una musica ferma , sospesa nel tempo ma dannatamente bella.

Il tastierista Ettore Vigo ci narra con i tasti d’avorio storie meravigliose, a partire dalla title track “Il Nome Del Vento”. Un ritornello assolutamente fruibile, con una coralità deliziosa. Troviamo fra gli ospiti anche la cantante Sophya Baccini, una presenza preziosa per la riuscita del disco. Sfuma la sua voce ed ecco arrivare unita ad essa “Verso Il Naufragio”. Una musica davvero senza tempo, mi dispiace ripetermi , ma ho vissuto personalmente quegli anni e mi ritrovo ad assaporare le stesse sensazioni. Il giro di piano richiama il Banco Del Mutuo Soccorso, oppure le Orme e questo per dire che gli anni erano quelli. Ho la pelle d’oca ad ascoltare l’enfasi del ritornello strumentale fatto con la chitarra e a tal proposito un ben ritrovato anche a Mimmo Di Martino. Questo è uno dei brani più belli che ho ascoltato negli ultimi anni, c’è Jazz, classicismo, i violini… un capolavoro e io questa parola la tiro fuori raramente! Da incorniciare, ovviamente assieme a “ L’Acquario Delle Stelle”, un proseguo stile suite. E’ la volta del piano di “Luci lontane”, il clarinetto, i violini, l’enfasi emotiva sale, un processo sonoro molto vicino alla musica commerciale, con un passaggio jazz caldo e morbido. Amo molto sentire il volume salire con le chitarre elettriche, un onda che travolge e che si smorza alla riva del nostro cervello.

“Profeta Senza Profezie” è orecchiabile, pur mantenendo lo sfarzo artistico sostenuto sino a questo momento. Un vero piacere ascoltare in esso la voce di Stefano Galifi dei Museo Rosenbach! Il pianto di un bambino, quello di Valentino Vera, apre “Ogni Storia”, un sogno ad occhi aperti, un momento di auto celebrazione artistica e poi via, con le arie che accalappiano lo spirito dell’ascoltatore. Sempre influenze jazz accompagnano di tanto in tanto l’ascolto, ma non quelle sperimentali, piuttosto stile Arti & Mestieri. Ancora una volta unita, è la volta di “Notte Di Tempesta”, strumentale ricca di passaggi emozionanti, fra chitarra, flauto e piano, davvero per tutti i gusti. Ma le grandi emozioni non finiscono qui, i nove minuti di “Dopo Il Vento” ci mettono in evidenza una band affiatata, dove il tempo non ha saputo scalfire. Prog Jazz Doc, musica colta , ma assolutamente di facile assimilazione. Chiude l’album “Cuore Sacro” e questa volta salgono in cattedra i Jethro Tull, band amata dai Delirium…e non solo. Non finisce qui, il disco contiene una bonus track dal titolo “L’aurora Boreale”. E ancora sorprese, la traccia video di “L’acquario Delle Stelle” e tutto il libretto che accompagna il disco è dettagliatissimo di foto, testi ed immagini.

Trovo difficile oggi trovare un prodotto così ben preparato e ricco di buona musica e quando me ne capita uno nelle mani , non me lo lascio di certo sfuggire! E chi lo ha fatto? Una band anni ’70… guarda caso… MS

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