| La passione per un genere mai domo come il Progressive Rock italiano, 
            fuoriesce con orgoglio dalle note del nuovo progetto di Fabio Zuffanti, 
            La Curva Di Lesmo. Il noto artista ligure questa volta condivide la 
            propria passione con un altro grande personaggio del genere italiano, 
            il tastierista de La Coscienza Di Zeno, Stefano Agnini.
 
 Il nome del progetto viene scelto da Agnini in omaggio alla prima 
            storia a fumetti (risalente al 1965) in cui appare il personaggio 
            di Valentina di Guido Crepax, non a caso l’artwork del disco 
            (edito anche in formato vinilico) è proprio del grande maestro 
            Guido Crepax. A molti verranno in mente i Garybaldi, altra formazione 
            italiana Prog anni ’70, proprio per il personaggio Valentina 
            rappresentato nella cover, ma questo non è solo l’unico 
            punto di congiunzione fra il passato ed il presente Prog di questi 
            musicisti, altro fondamentale tassello è la provenienza: Genova, 
            o per meglio dire…Zena.
 
 Il disco pur essendo composto solamente da tre brani, ovviamente suite, 
            è colmo di ospiti importanti. Ci suonano oltre che elementi 
            della band La Coscienza Di Zeno, Finisterre, Hostsonaten, La Maschera 
            Di Cera, anche Beatrice Antolini (voce), Claudio Milano (voce), Fabio 
            Gremo (chitarra ne Il Tempio Delle Clessidre), Loris Lombardo (percussioni), 
            Max Manfredi (voce), Edmondo Romano (Flauto anche Eris Pluvia), Claudio 
            Roncone (voce), Luca Scherani (fisarmonica, arrangiamenti archi), 
            Jenny Sorrenti (voce nei Saint Just), Sylvia Trabucco violino, Matteo 
            Merli (voce), Jutta Taylor Nienhaus (recitato anche Analogy) e Boris 
            Valle (pianoforte).
 
 L’album è suddiviso in due parti, una femminile con due 
            pezzi interpretati rispettivamente da Beatrice Antolini e da Jenny 
            Sorrenti, e una “maschile” con le voci di Matteo Merli 
            e Claudio Milano. Ciò che scaturisce dall’ascolto dei 
            nove minuti di “La Posa Dei Morti” è una sensazione 
            forte. Lo stile al limite del Folk caro a tutti gli artisti che provengono 
            da Genova, avvalora l’impressione di sentire il profumo dei 
            vicoli di Genova, vera e propria scuola a se per il genere italiano. 
            Fondamentale l’apporto vocale di Beatrice Antolini. Gli artisti 
            danno larga rilevanza alla canzone, Progressive Rock non prettamente 
            sperimentale dunque, ma orecchiabile e relegato alla propria formula 
            con cambi di tempo ed assolo di godibile essenza. Ovviamente le tastiere 
            ricoprono un ruolo fondamentale, così le belle coralità 
            che si aggirano anche in sottofondo. Potrebbe sembrare musica datata, 
            ma la freschezza della scelta di alcune soluzioni fa correggere il 
            tiro e portare tutto nel canonico stile Rock Progressivo Italiano, 
            che io definirei oggi “senza tempo”.
 
 “L’Isola Delle Lacrime” è un film sonoro, 
            da ascoltare e vedere con la fantasia. Le atmosfere avvolgono e trasportano, 
            le tastiere hanno questo ruolo ammaliante. Tante canzoni in una. Frangenti 
            drammaturgici donano un velo di malinconia al lavoro, esaltati dal 
            gioco del duetto vocale maschile/femminile. Folk che richiama De Andrè, 
            musica e canzoni infuse in un unico calderone emotivo.
 
 La suite più lunga (26 minuti) si intitola “Ho Rischiato 
            Di Vivere” ed è la parte maschile de” La Curva 
            Di Lesmo”. Claudio Milano (in arte Nickelodeon) dona con la 
            sua voce un filo di sperimentazione che si sposa perfettamente con 
            l’enfasi delle tastiere di Agnini. Un momento davvero suggestivo, 
            una sorta di staffetta fra “schiaffo e bacio”. In generale 
            aleggia malinconia in tutto il disco, dettato anche dalle tematiche 
            liriche, e la mano di Zuffanti nelle composizioni si sente, oramai 
            vero e proprio marchio di fabbrica. Altra sensazione che scaturisce 
            all’ascolto è quella di trovarsi avanti ad un vecchio 
            affresco, dove i suoni ed i colori si infondono in una rappresentazione 
            drammatica. In esso c’è la storia del genere, con tutti 
            i suoi pregi e difetti, e a proposito di difetti, se ne vogliamo cercare 
            uno, probabilmente è la mancanza di un momento prettamente 
            solare, gioviale, ma è anche vero che forse nel contesto ci 
            avrebbe stonato.
 
 In questo disco c’è Genova, passato e presente, però 
            conoscendo l’artista Zuffanti vi dirò anche …futuro. 
            Spettacolarmente inarrestabile. MS
 
 |