| Il giovane Sam Coulson è un chitarrista virtuoso, tanto bravo 
            che ha attirato l’attenzione di Paul Gilbert, che l’ha 
            voluto alla sua corte come docente per il suo progetto Great Guitar 
            Escape del 2012. In questo modo Sam ha allargato le sue conoscenze 
            ed è stato scelto per sostituire nientemeno che Steve Howe 
            negli Asia. Con loro ha realizzato l’ultimo album Gravitas del 
            2014. Oggi Coulson esce con questo suo primo disco solista tutto incentrato 
            sulla musica classica.
 
 Il presente disco è stato suonato con due sole chitarre fender, 
            che Sam mostra orgogliosamente in copertina ed è interamente 
            strumentale. In scaletta troviamo dieci brani per circa mezz’ora 
            di musica. Una selezione non banale, perché accanto ad alcune 
            composizioni molto famose, ne troviamo altre quasi sconosciute ai 
            più, in particolare a chi non mastica musica classica. Gli 
            autori più omaggiati sono Bach e Sor con tre brani a testa, 
            poi troviamo Beethoven, Tarrega, Lauro e Anon.
 
 Il metodo usato da Coulson è l’arpeggio e solo in alcuni 
            casi osa di più. Il primo proposto è “Ave Maria” 
            di Bach, il che dà un tocco quasi natalizio al disco, Sam dimostra 
            grande sensibilità e raffinatezza, le parti di organo sono 
            arpeggiate, mentre le parti cantate (nell’originale) sono rese 
            con la solista elettrica, buona la suggestione. Molto noto è 
            anche “BWV 1007 Prelude” sempre di Bach, questo è 
            tutto arpeggiato, come “Op.35 N.22” di Sor. Quando usa 
            una sola chitarra il nostro mostra tutta la sua raffinatezza, ma preferisco 
            quando sovrappone l’elettrica all’arpeggiato, come in 
            “Recuerdo de la Alahambra” di Tarrega o in “Moonlight 
            Sonata Blues”, rilettura interessante del classico di Beethoven, 
            sicuramente il brano più moderno del cd e forse anche quello 
            che piacerà di più ai rockettari.
 
 Si potrebbero fare diverse considerazioni, questo non è il 
            primo disco di un rocker alle prese con la musica classica, voglio 
            almeno ricordare l’eccezionale Metamorphosis, in cui Uli Jon 
            Roth reinterpreta le Quattro Stagioni di Vivaldi in chiave rock. Questo 
            disco è molto bello, raffinato, sensibile, forse però 
            manca un guizzo, il coraggio di provare a rendere più attuali 
            questi classici. Da un lato c’è il dovuto rispetto e 
            l’abilità tecnica esecutiva, che non si discutono, però 
            personalmente avrei gradito anche una maggiore varietà, in 
            fondo l’unico brano veramente reinterpretato è quello 
            di Beethoven e uno su dieci per me è un po’ poco. Resta 
            comunque il fatto che è un bel disco. GB
 
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