| Ci sono voluti circa sei anni per dare un seguito all’ottimo 
            debutto e finalmente oggi ritroviamo il gruppo romagnolo con un album 
            intero a mostrarci dove sta andando il loro percorso artistico. La 
            band nel disco precedente aveva dichiarato in modo inequivocabile 
            il proprio amore per la musica inglese, una scelta di campo sostenuta 
            da brani credibili e per nulla scontati, ci sono stati nel frattempo 
            dei cambi di formazione, ma il percorso non è cambiato e in 
            quello che andremo ad ascoltare l’imprinting britannico è 
            sempre molto saldo.
 
 Primo brano e primo singolo è “New Way Home”, che 
            propone subito un giro di chitarra incalzante e abbastanza acido, 
            la band inizia subito a graffiare, l’attitudine post punk di 
            matrice albionica è mostrata ancora una volta con orgoglio 
            e credibilità. “Just Another Morning” è 
            più dark wave, retta da un ritmo tribale e da un giro di chitarra 
            e basso ipnotico, le reminiscenze ottantiane diventano nostalgia pura, 
            ma ancora una volta il gruppo riesce ad essere assolutamente credibile. 
            “Don’t Move” si aggira ancora in meandri gotici, 
            ma è un brano più riflessivo, in questo mostra il desiderio 
            del gruppo di non adagiarsi in melodie di facile presa, ma di ricercare 
            soluzioni personali e non banali. “All the Things You Cannot 
            Hide” è una ballad triste, un po’ alla Nick Cave, 
            bello il finale. Molto bella “(The Story of) Queen Grace”, 
            un’altra ballad non convenzionale, dalle movenze disperate e 
            ricche di evocazioni. Il sesto brano “66” gioca col numero 
            6, sarà un caso? Speculazioni a parte è una bella canzone 
            dal testo introspettivo, lenta e sofferta e si accompagna bene alle 
            intemperanze iniziali. Con “Through Skin and Bones” si 
            torna a rockare, anche se è un pezzo che entra con un po’ 
            più di fatica di altri. La title track è un bel brano 
            che alterna parti più calme ad altre incalzanti, non è 
            il mio pezzo preferito, ma non è male. “The Daily War” 
            è indie rock articolato con convinzione. Si termina con “Osmose” 
            che propone un altro momento di indie di buona fattura, con un discreto 
            finale in crescendo.
 
 Devo dire che la prima parte del cd mi è piaciuta di più, 
            mentre nella seconda parte non ho provato le stesse emozioni, anche 
            se la band ha sempre mantenuto un buon livello generale. I Cosmic 
            Box hanno molta personalità e questo disco ne è la conferma, 
            però a me piacciono di più quando spingono sull’acceleratore. 
            GB
 
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