| Pugliese di origine, ma musicalmente cosmopolita, il polistrumentista 
            Massimo Coppola è partito dal jazz mescolato col rock e con 
            questa base di partenza ha intrapreso numerose collaborazioni in un 
            crescendo di esperienze che lo hanno visto varcare anche i confini 
            nazionali, anche se i nomi con cui ha collaborato sono per lo più 
            italiani. Questo è il suo secondo album solista, uscito nel 
            dicembre dello scorso anno e registrato a Bologna, un disco particolare, 
            ricco di belle atmosfere e musica di ottima qualità, cantata 
            sia in italiano che in inglese, con uno stilla cantautorale jazzato, 
            ma che è attento anche a certo rock elegante e raffinato, che 
            si nutre di belle melodie. Nel disco Massimo suona quasi tutti gli 
            strumenti e canta, ma in alcuni brani lo accompagnano Vince Pastano 
            alla chitarra (Luca Carboni), Massimo Greco alla tromba e filicorno, 
            Andrea Ferrario al sax (Mingardi) e Silvia Falivene che duetta al 
            canto in due pezzi.
 
 Il disco si compone di quattordici brani che come anticipato spaziano 
            dal jazzy, con uno stile che può vagamente ricordare Concato, 
            al rock raffinato di matrice inglese, non a caso l’unica cover 
            presente è “Pale Shelter” dei Tears For Fear. Il 
            primo brano è “Everything” ed è un apertura 
            in inglese, a sottolineare come il nostro miri ad un panorama più 
            ampio, la canzone è densa di una poetica morbida ed elegante, 
            con belle melodie e una buona cura degli arrangiamenti, un pezzo che 
            ha un bel respiro, anche se come inizio è un pezzo poco grintoso 
            e quindi non sembra rivolgersi ad un pubblico giovane. Con “Tondo” 
            troviamo il lato più cantautorale di Coppola, è uno 
            dei pezzi che mi ricordano di più Concato, sia per l’ironia, 
            sia per lo stile, anche se è molto più rock. Ma la vera 
            essenza dura del nostro emerge nella grintosa “Higher Walls”, 
            col suo refrain trascinante, anche se c’è un’alternanza 
            con parti più morbide, comunque non passa inosservata una certa 
            classe. Con “Cancellati” si torna allo stile cantautorale, 
            i testi sono più profondi di quanto possa apparire ad un ascolto 
            superficiale, con una buona interazione tra parole e melodia, da sempre 
            il punto debole dei cantanti nazionali che vogliono rockare, ma la 
            classe di Coppola si fa notare anche in questo. Ed ecco la cover del 
            già citato gruppo inglese, la versione di Massimo ci fa rigustare 
            questo classico del pop evoluto anglosassone. La canzone che dà 
            il titolo al disco è uno dei brani più d’atmosfera 
            dell’album, molto jazzy, molto elegante, Coppola è sempre 
            in bilico tra queste anime diverse, talvolta graffia, più spesso 
            ci carezza con le sue belle melodie e i suoi arrangiamenti raffinati. 
            Queste caratteristiche perdurano per il resto del disco, che rimane 
            sempre su buoni livelli.
 
 Massimo è un autore molto fine, quasi d’altri tempi, 
            oggi sembra siamo tutti in preda alla ricerca di emozioni forti, in 
            una generale incapacità di apprezzare la bellezza di una vita 
            sussurrata, sembra quasi che più ascoltiamo le grida della 
            modernità, più abbiamo bisogno di aumentare i decibel, 
            perdendo di vista la bellezza di una bella melodia e di certo non 
            sono io a disdegnare un bel disco potente, che grida con forza tutte 
            le contraddizioni di questo tempo schizofrenico. Coppola col suo stile 
            gentile sembra volerci ricordare le esigenze di un modo più 
            umano di fare musica. GB
 
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