| Tra le mani abbiamo il debutto discografico dei Continual Drift, un 
            quartetto nato nel 2002 e composto da Michele Ponti, voce e chitarre, 
            Francesco Gazzi, batteria e voce, Edoardo Besozzi, chitarre e Manuel 
            Bazzoni, basso e voce. La band si è fatta conoscere grazie 
            ad una buona attività live e al tam tam di internet. Sul passato 
            del gruppo c’è ancora poco da dire, hanno costruito la 
            propria personalità con anni di lavoro e adesso è arrivato 
            il momento di ascoltare su disco quanto valgono.
 
 L’avvio del cd è affidato alla title track che parte 
            in quarta, con la batteria subito in evidenza, il singer ha una voce 
            post grunge, un po’ roca e canta con passione, mentre la base 
            è un hard rock piuttosto trascinante, che denota una forte 
            grinta. Sempre molto hard rock anche “Just One Question”, 
            che corre veloce ed è piuttosto anthemica. “Where the 
            Sun Meets the Blues”, il gruppo spinge ancora sull’acceleratore, 
            ma stavolta è più melodico e moderno. Il passaggio verso 
            un sound più attuale continua con “It’s Time to 
            Change”, che è un po’ ballad elettrica e un po’ 
            cavalcata di buona intensità. Ma la ballad vera e propria arriva 
            con l’intimista “Destiny”, dominata da un pianoforte 
            suonato dall’ospite Giacomo Cozzi. Con “Reckless” 
            si torna a rockare alla grande, in fondo questa è la vocazione 
            di questo gruppo e sembra riuscirci in modo piuttosto convincente. 
            “I’ll Leave Her Behind” non aggiunge molto a quanto 
            già detto, brano minore. Meglio “She’s Dancing”, 
            ma ancor di più l’arrabbiata “Fake”, dove 
            il gruppo riesce a tirar fuori tutta la propria energia. Buona anche 
            “This is Your Life” col suo riffing deciso e cattivo. 
            Il disco si chiude con un’altra ballad molto elettrica e passionale, 
            “Bring Me Home”, un tocco di romanticismo che non guasta 
            mai.
 
 Disco discreto per questa giovane band, che sembra avere davvero qualcosa 
            da dire, non fanno musica particolarmente personale o innovativa, 
            ma è un debutto e c’è tempo e spazio per crescere. 
            GB
 
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