|  
             
            La storia dei Collective Soul è costellata di successi radiofonici, 
            dal ’93 ad oggi hanno prodotto otto album in studio i primi 
            sono tutti platino e molti loro singoli sono entrati in classifica. 
            Il successo per loro è arrivato subito, fin dal primo singolo 
            “Shine” che nel ’93 è arrivato al primo posto 
            certificato nella classifica USA Main Rock, poi via a tutta una lunga 
            serie di hit, ma quello che conta è che il gruppo ha prodotto 
            musica che ha funzionato con una continuità non comune, riuscendo 
            a mantenere negli anni una più che discreta popolarità.
 Questo nuovo album, stranamente, porta lo stesso titolo del secondo 
            (il loro best seller di sempre), infatti è stato già 
            soprannominato Rabbit a causa dell’artwork, ma questa è 
            solo una curiosità, per il resto ho l’impressione che 
            i Collective Soul abbiano voluto dare una sterzata alla loro prestigiosa 
            carriera, ecco forse spiegato il perché del titolo dell’album, 
            questi oggi sono i Collective Soul, con una nuova label e un nuovo 
            disco pieno di energia.
 Si parte con “Welcome All Again”, che è il secondo 
            singolo estratto dal disco, sembra un po’ di ascoltare gli U2 
            più energici degli ultimi tempi, un bel riff di chitarra e 
            delle melodie molto catchy. “Fuzzy” non mi ha molto impressionato, 
            con quel fischiettio banale proposto all’inizio, ma per il resto 
            sembra quasi uno shoegazer melodico e non sarebbe così male. 
            “Dig” è più decisa e hard rock e il mio 
            cuore inizia a pulsare più veloce, post grunge dal grande piglio, 
            dal vivo questa fa saltare il pubblico. Anche “You” ricorda 
            molto certe melodie degli U2, col basso che pompa in primo piano, 
            poi nel finale spuntano anche echi degli storici Who, davvero carina. 
            “My Days” spinge ancora più sul lato hard della 
            band, un brano caustico molto settantiano nell’impianto, ma 
            i suoni sono moderni. “Understanding” è il primo 
            brano che mi convince veramente, un punk rock che alterna parti acustiche 
            graffianti a cavalcate alla Green Day e finalmente mostra un po’ 
            di originalità. Il primo singolo estratto dal disco è 
            “Staring Down”, in questo senso la band ha giocato sul 
            sicuro con una ballata elettrica carina, ma anche piuttosto scontata, 
            sicuramente uno dei brani più commerciali del lotto, ma di 
            certo non il mio preferito. Cosa volete io preferisco cose come “She 
            Does” col basso che spinge, delle chitarre energiche e delle 
            belle melodie, commerciali si, ma non scontate o prevedibili. Altro 
            bel pezzo è “Lighten Up”, che fa perdonare le pecche 
            precedenti, non che sia epocale, ma almeno dimostra buona volontà. 
            “Love” è un po’ riempitiva e quindi trascurabile. 
            Chiude la ballata romantica per pianoforte “Hymn For My Father”, 
            un tocco di classe, che ricorda molto Elton John, ma alla fine quello 
            che conta veramente sono intensità ed interpretazione e qui 
            ci siamo.
 
 I Collective Soul sono una band che si è costruita una solida 
            reputazione, perché ha i numeri in regola per lasciare il proprio 
            segno, non sono il massimo dell’originalità, ma funzionano 
            alla grande e ad un pubblico non troppo esigente questo basta e avanza. 
            GB
 
 Sito Web 
            + MySpace
 |