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            I Cherry Five hanno avuto una genesi abbastanza insolita. Il primo 
            nucleo si è formato su iniziativa di Simonetti, Morante e il 
            cantante inglese Clive Haynes nel ’73. Inizialmente si chiamavano 
            Oliver, al basso c’era già anche Pignatelli. Poi Haynes 
            uscì e al suo posto subentrò Tartarini, con Bordini 
            alla batteria. Con questa formazione registrarono un disco nel ’74. 
            Pare poi che Bordini non volle firmare con la Cinevox, così 
            Simonetti, Morante e Pignatelli proseguirono con il nuovo batterista 
            Martino e nacquero i Goblin. Il successo della nuova formazione spinse 
            la casa discografica Cinevox nel ’76 a stampare il disco registrato 
            due anni prima inventando il nome Cherry Five, forse per non interferire 
            con la crescente popolarità dei Goblin. Infatti il lavoro fu 
            attribuito principalmente a Tartarini e Bordini, che oggi, dopo quasi 
            quarant’anni, hanno riformato la band con Ludovico Piccinini 
            alla chitarra, Gianluca De Rossi alle tastiere e Pino Sallusti al 
            basso, per dar vita a questo nuovo album, che non mi sorprende essere 
            uscito per la Black Widow, la cui passione e competenza sta attirando 
            sempre più musicisti, sia fra le nuove leve, che fra i leoni 
            del passato.
 
 Il Pozzo dei Giganti si ispira alla Divina Commedia, non è 
            il primo disco che trae ispirazione dai versi del Sommo Poeta e questo 
            mi fa particolarmente piacere, perché è la conferma 
            che l’arte vera in qualche modo diventa eterna e secondo me 
            è già una gran bella notizia. La musica che oggi propongono 
            i Cherry Five rimane saldamente ancorata al prog settantiano, non 
            a caso il disco parte con una suite di quasi venticinque minuti. Rock 
            e jazz si mescolano in partiture fantasiose, con testi in italiano 
            che, pescando dal passato, riflettono sulla realtà presente 
            e in un certo senso sembra che nulla sia cambiato. L’atmosfera 
            è darkeggiante, ma non troppo, probabilmente più per 
            riflettere il contenuto vagamente disilluso dei testi, siamo idealmente 
            all’Inferno. Ogni tanto non mancano pennellate più moderne, 
            non è prog stantio, cristallizzato in una rievocazione infinita, 
            però il modo di fare musica è chiaramente vintage. La 
            seconda suite “Manfredi” è ambientata nel Purgatorio 
            ed è divisa in quattro momenti, l’oscurità si 
            fa meno presente. Ci sono passaggi strumentali di ottima fattura. 
            Con la conclusiva “Dentro la Cerchia Antica” si arriva 
            al Paradiso e la trama musicale si fa più solare e ricca di 
            entusiasmo, musica epica e sinfonica, con testi sempre interessanti. 
            Bello il crescendo finale.
 
 Un disco onesto e ben fatto, che non farà gridare al miracolo, 
            ma che saprà gratificare gli appassionati di prog ascolto dopo 
            ascolto. Spesso oltralpe il ritorno dei vecchi gruppi sembra nascondere 
            pruriti commerciali, ma nel nostro paese, dove è sempre più 
            difficile vivere di musica, solo la vera passione può portare 
            a realizzare un disco come questo. Ben tornati Cherry Five! GB
 
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