Rock Impressions

BOZZIO HOLDSWORTH LEVIN MASTELLOTTO + GROOVE DAY 2 - at Live Club, Trezzo d'Adda (Mi) 18/4/10
di Giancarlo Bolther

GROOVE DAY 2

Il mondo dei batteristi ieri era in pieno fermento, oltre all’unica data italiana del supergruppo composto da quattro numeri uno: Terry Bozzio alla batteria e percussioni, Alan Holdsworth alla chitarra, Tony Levin al contrabbasso elettrico e al Chapman stick e Pat Mastellotto alle percussioni, si teneva la seconda convention dimostrativa sulla batteria denominata Groove Day.La nube del vulcano islandese ha in parte funestato l’evento, infatti alcuni nomi di spicco come quello di Hernandez “El Negro” Horacio e Sergio Bellotti e di altri rimasti bloccati in vari aereoporti internazionali a causa del blocco dei voli, comunque la kermesse è riuscita a svolgersi senza eccessivi stravolgimenti. Cercherò di ricordare tutti i musicisti intervenuti e mi scuso se mi dimentico qualche nome.

Il primo batterista ad esibirsi è stato Marco Iannetta, un vero innovatore della batteria, infatti con la sua tecnica sorprendente ha stravolto l’impostazione tradizionale dello strumento, Iannetta usa più le gambe delle braccia ed ha dimostrato un’indipendenza impressionante dei quattro arti, i tre brani proposti hanno suscitato l’ammirazione incondizionata dei presenti, vederlo pigiare tutti quei pedali (credo fossero almeno dodici) collegati a bonghi e tamburi di varia natura è stato molto interessante e soprattutto piacevole. Un artista unico che lo stesso Bozzio ha voluto presente su un suo canale dedicato alla batteria.

 
Marco Iannetta at Groove Day 2

Gigi Morello si è esibito in un solo brano molto didattico, dove ha presentato un tempo in 7/4 abbastanza complesso su un set semplificato. Con un solo pezzo è mancato un po’ un senso di completezza, inoltre Gigi era anche visibilmente emozionato, ma la sua esibizione è stata comunque interessante.

Poi è stato il turno di Andrea Beccaro, che ha presentato una batteria Yamaha elettronica, molti ancora sono riluttanti a questo strumento, che viene tuttora considerato come freddo e impersonale, ma Beccaro ha dimostrato che anche l’elettronica nelle mani giuste può essere sfruttata bene. Del resto ricordo un concerto dei King Crimson con Mastellotto che suonava la batteria elettronica e non mi aveva fatto rimpiangere quella tradizionale.

 
Christian Meyer & Giovanni Giorgi at Groove Day 2

Molto piacevole è stata l’esibizione di Christian Meyer in compagnia del giovane Giovanni Giorgi, quest’ultimo ha dimostrato una dominanza eccezionale dello strumento, strabiliante data la sua giovane età. I due esprimono un’intesa perfetta ed è un vero piacere poterli ascoltare insieme.

Molto bravi anche Gualdi e Bagnoli, la loro esibizione è stata ricca di gusto unito alla tecnica. Due batteristi molto diversi tra loro, ma che hanno saputo coniugare gusto e inventiva in modo assolutamente godibile.

Grande ammirazione invece ha suscitato il giovane Gianluca Palmieri, che nonostante la giovane età ha già collaborato con artisti prestigiosi come il chitarrista virtuoso Greg Howe. Palmieri ha studiato al M.I. di Hollywood e si sente, un drumming potente e allo stesso tempo emozionante. Bellissima tra l’altro la sua batteria nuova.

Altra coppia quella formata da Federico Paulovich e Riccardo Lombardo, che ha impressionato per la sua abilità tecnica, l’esibizione dei due ha toccato velocità disumane, ma secondo alcuni presenti mancava di cuore, virtuosismi al limite dell’umano e proprio per questo “poco umani”, togliendo il gusto di un drumming fatto col cuore, per piacere anche a chi ascolta e non solo per stordirlo con fraseggi impossibili e tempi dispari da paura. Comunque bravissimi.

 
Gualdi and Bagnoli at Groove Day 2

Altro giovane che ha impressionato tutti è stato Ronald Jr Bruner, una vera forza della natura, anche Weckl ha seguito ammirato la sua esibizione mescolato fra il pubblico. Questa giovane promessa della batteria vanta già un curriculum stellare, ma è un ragazzo semplice e diretto, che ha intrattenuto un dibattito molto sincero e diretto col pubblico, vincendo anche in simpatia. Ronald ha dato vita ad una performance veloce, potente e ricca di gusto e vera passione per lo strumento.

Mylous Johnson con la sua band ha dato sfoggio di una precisione quasi maniacale, il suo drumming era al servizio di un rap moderno piuttosto coinvolgente, ma senza virtuosismi e assoli, solo gusto e tanta energia. Una specie di Re del groove!

Infine è salito in cattedra Dave Weckl, sicuramente uno dei batteristi più eleganti e capaci di questi tempi, davvero niente da dire, la sua performance, oltre alla tecnica mostruosa, è stata molto intensa e ricca di gusto. Peccato per il palco basso che non ha permesso a molti dei presenti, me compreso, di poter vedere il maestro all’opera, praticamente solo le prime due file di spettatori hanno potuto seguire visivamente le sue evoluzioni sulle pelli. A parte la frustrazione per la posizione infelice, l’esibizione di Dave è stata pienamente all’altezza della sua fama.
Ronald Jr Bruner at Groove Day 2

BOZZIO HOLDSWORTH LEVIN MASTELLOTTO

Senza nulla togliere agli artisti che si sono esibiti durante il giorno, il piatto forte ovviamente era il concerto serale con le quattro stelle, non a caso una buona parte del pubblico era arrivata proprio per il concerto. Il sipario era aperto e dava così la possibilità di ammirare la batteria “spaziale” di Bozzio, sembrava davvero un’astronave, con sette grancasse, una fila di una ventina di piatti e un numero impressionante di tom e atri ammenicoli vari, montata come se fosse l’organo di una cattedrale, sembrava un’opera d’arte moderna più che un semplice strumento musicale ed in effetti certi strumenti musicali col tempo sono diventati opere d’arte. Anche la postazione di Mastellotto, nella sua “semplicità” non era niente male, ma rispetto all’astronave a disposizione di Bozzio, Pat sembrava quasi messo in castigo.

Il set della band era totalmente improvvisato, tanto che Terry ha dichiarato durante lo show che non ci sarebbero state due date uguali nel loro tour e che tutto quanto si ascoltava veniva creato sul momento. Ed è stato proprio così, una lunga jam session con una pausa (poco comprensibile) dopo la prima mezz’ora. Un concerto avanguardistico che mi ha fatto venire in mente le cose più acide e rumoriste della scuola di Canterbury, penso a gruppi come gli Henry Cow, come ai nostri Serpentine Band di Cristiano Roversi e mi sono venuti in mente anche i Grateful Dead del monumentale Live Dead. Un altro approccio con cui interpretare il concerto dei super quattro potrebbe essere quello di pensare alla musica New Age applicata alla batteria e alle percussioni. Una totale libertà esecutiva che ha disorientato ben più di uno spettatore. Non c’erano groove riconoscibili, non c’erano metriche riconoscibili, sembravano sperimentazioni timbriche, sensazioni, impressioni… veniva ricercata una particolare atmosfera, un mood, ma niente che potesse restare in mente, almeno non nella mia.

 
Terry Bozzio's Drum

Ma ci sono stati altri aspetti negativi. Per quanto mi riguarda la prima cosa che mi ha infastidito è stata la scelta delle luci: rosse, molto basse e fisse per quasi tutto lo spettacolo, ho fatto una fatica tremenda a tirar fuori qualcosa di buono con la mia macchina fotografica, ma si lamentavano anche tutti i fotografi professionisti con cui condividevo lo spazio della “fossa”, anche perché oltre alle luci bassissime non si potevano nemmeno usare i flash.

La batteria di Bozzio era spettacolare, ma non consentiva di vedere il suo lavoro e questo toglieva una buona parte dell’interesse per quello che faceva, che da un lato si sentiva poco (essendo costruzioni timbriche spesso appena accennate, molto più vicine alle percussioni che non alla batteria intesa in senso stretto) e quindi senza vedere si capiva anche molto poco.

 
Terry Bozzio

Holdsworth, che da molto tempo desideravo vedere all’opera, era in ombra totale, quasi al buio (ecco perché la fotografia è "brutta"). Per lo più dava vita ad arpeggi delicati, ambient, solo raramente si faceva prendere la mano e partiva con assoli un po’ sostenuti, ma essendo in una zona d’ombra anche il suo lavoro passava in secondo piano.

 
Alan Holdsworth

L’unico a sostenere il tutto con un po’ di ritmo era Mastellotto, che spesso dava l’impressione di suonare per conto suo, tranne qualche rara occasione dove ha cercato di fare qualcosa sulle suggestioni proposte da Terry.

Poi c’era quel mattacchione di Levin che alternava il contrabbasso elettrico al chapman stick, ma anche lui non seguiva melodie riconoscibili, ma suonava note in piena libertà. Insomma era davvero difficile farsi coinvolgere.

   
Tony Levin

Tony Levin

La mia impressione, condivisa dagli amici che erano venuti con me, era che i musicisti suonassero con una tale libertà da non saper nemmeno loro quello che stavano facendo. Dulcis in fundo non ci sono stati bis, a parte il fatto che non avendo suonato canzoni non ha molto senso fare un “bis”, ma per me è sempre brutto nei confronti del pubblico non concederli, anche se, per la verità, non ho nemmeno sentito la platea reclamare più di tanto, comunque lo trovo un atteggiamento molto snob e anche piuttosto maleducato.

   
Levin and Mastellotto at Live Club, Trezzo

Quindi se si toglie che nessuno dei quattro si è esibito in virtuosismi spettacolari, che alla fine del concerto non sono rimaste melodie in mente (e tanto meno nel cuore), che un concerto così dopo un tour de force di circa sei ore quasi ininterrotte di drum sessions metteva davvero alla prova la resistenza di chiunque, il godimento è stato davvero poco.

     
Levin and Mastellotto at Live Club, Trezzo

Ripensandoci a mente lucida e serena credo che il concerto avesse dei contenuti interessanti, per certe soluzioni e per la sua concezione “controcorrente” rispetto alla contemporanea cultura post moderna “fast listening”, ma che in realtà sia stato un buco nell’acqua, perché questo tipo di sperimentazioni prima di tutto non sono nuove, tantomeno sono originali e poi a mio modo di vedere ho seri dubbi che facciano “cultura”, sono solo delle dimostrazioni personali sulle possibilità espressive di alcuni strumenti. Quindi su tutto mi è rimasta la delusione di avere sul palco alcuni dei miei musicisti preferiti, ma di aver assistito ad uno spettacolo poco emozionante.

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