Rock Impressions

Joe Bouchard - Jukebox in My Head JOE BOUCHARD - Jukebox in My Head
JB Music / Spectra Records
Distribuzione italiana: no
Genere: Hard Rock / Rock
Support: CD
2009


Chi è Joe Bouchard? Spero che la maggior parte di voi lo sappia… comunque era il bassista della prima formazione dei Blue Oyster Cult per i quali ha composto alcuni dei brani più belli come “Astronomy”. Fuoriuscito dal gruppo verso la seconda metà degli anni ’80, da allora ha avuto varie esperienze musicali, in particolare con gli X-Brothers, con i BDS (Bouchard, Dunaway, Smith, due fondatori della Alice Cooper band), come produttore e come docente di musica, si trovano suoi metodi per chitarra, basso e tastiere. Oggi suona con i Blue Coupe insieme al fratello Al (anche lui ex BOC) e con Dunaway. Questa in pillole la sua presentazione. La cosa che può suonare strana è che abbia aspettato quasi quarant’anni per pubblicare il suo primo album solista, vezzo d’artista?

Inizialmente, nelle intenzioni di Joe, questo disco doveva essere acustico, invece per varie ragioni il nostro ha cambiato idea ed è uscito un disco elettrico e manco a dirlo molto BOC sound oriented. Devo dire subito che la copertina del disco mi ha fatto venire in mente i Flinstones, o quanto meno un signore imborghesito, lo dico con un pizzico di simpatia, ma come ho iniziato a far scorrere le tracce del cd ogni tentazione semi ironica è sparita in fretta, perché ho trovato un disco ricco di energia e veramente riuscito. La prima traccia “Shadows on the Streets of New York” si presenta subito grintosa, ricorda i BOC del periodo di Spectres, molto chitarristica e con un giro piacevole. Ma è “Travelin’ Freak Show” che mi fa sussultare davvero, dominata da un riffing cattivo e gli spettri del culto si fanno sempre più presenti nella mia stanza, suona BOC primo periodo, ma è qualcosa di nuovo al tempo stesso. “Cowboy’s Dream” è un brano ironico, per continuare il parallelismo siamo in periodo Mirrors, molto cantautorale e profondamente americana. “Jukebox in My Head” è un rock ‘n’ roll in bilico fra nostalgia e modernismo, davvero carina. “One More Song So Long” prosegue su questo cammino che sembra radicato nella memoria, dove Bouchard mette tutta la sua esperienza e i suoi trascorsi musicali, fra suggestioni e influenze, in questo caso il sound è quasi californiano. L’hard più essenziale torna a scorrere con impeto in “Which Road is Mine”, una domanda amletica? Ma il nostro risponde con un riffing che ogni orfano dei BOC amerà profondamente. “Kickin’ a Can” è una canzone più meditativa, retaggio di quel progetto acustico di cui abbiamo parlato sopra, dominata da un intreccio sognante di slide guitar. “Haunted Dance Floor” è una ballad strumentale piuttosto malinconica e ispirata. Molto toccante la lunga “Dark Boat”, che parte strumentale, come il brano precedente, ma che poi Joe interpreta con grande sensibilità vocale. Gli ultimi tre brani figurano come bonus tracks, “Running Out of Time” ricorda un po’ la spensierata gaiezza di “Cowboy’s Dream”. “Camp Sunset” è una seconda ballad strumentale acustica, ancora una volta molto malinconica e romantica. Chiude “Coming For You Someday”, con un ritmo funkeggiante e con un’armonica davvero azzeccata.

In definitiva Joe ha realizzato un gran bel disco, molto americano e molto BOC, un disco che farà contenti tutti gli amanti del culto, ma che comunque è un disco riuscito, adesso spero che la priorità venga data al progetto Blue Coupe, che sta andando veramente bene, ma non mi dispiacerebbe nemmeno ascoltare un seguito di questo simpatico Jukebox. GB

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