Rock Impressions

Alchemy - Never Too Late

ALCHEMY - Never Too Late
Street Symphonies Recordsv / Atomic Stuff
Distribuzione italiana: Andromeda
Genere: Hard Rock / AOR
Support: CD - 2016


Se c’è un genere musicale che non ha tempo è l’Hard Rock. Esso si è sviluppato nella fine degli anni ‘60 in piccoli rami (Hard Prog e Hard Psichedelico per dare due esempi), ma in sostanza si è sempre mantenuto su certi canoni. Le caratteristiche sono note, dinamiche di chitarra con riff potenti e melodie spesso di facile memorizzazione. L’uso delle tastiere subentra a pieno regime con la spinta Deep Purple, Hammond su tutte, ma in genere servono da supporto per mantenere ampie o epiche le arie dei brani. Ecco sfociare a volte nell’AOR o nel Progressive, come si dice, tutto fa brodo. Ed il genere in questione è per questo ammaliante, spesso di compagnia, specie in lunghi viaggi con l’auto.
I bresciani Alchemy si presentano a noi dopo l’ep di esordio “Rise Again” datato 2013 con “Never Too Late”. Non è mai troppo tardi suggerisce il titolo, infatti il quintetto composto oggi da Marcello Spera (voce), Cristiano Stefana (chitarra), Matteo Castelli (basso), Andrew Trabelsi (tastiere) e Luca Cortesi (batteria) propone nell’album una serie di canzoni composte in dieci anni di nottate passate assieme.

Nove tracce cantate egregiamente da Marcello Spera che raccontano altrettante storie, ma che si fanno apprezzare per freschezza. Quando una band si diverte a fare ciò in cui crede, il risultato è quantomeno contagioso, all’ascolto si prova divertimento. Un brano che mi resta particolarmente in mente e nel cuore è proprio la title track, dalla quale colgo spunti Queensryche prima maniera, ma non si scimmiotta nulla, piuttosto si colgono le prerogative che hanno fatto grande a seguire il Metal Prog.

Energia positiva in “Diablo” che giunge dopo l’intro “The Place Men Call Hell”, chitarre affilate come lame e ritmiche rodate e funzionali. Altro frangente spettacolare si intitola “Blessed Path”, una sorta di schiaffo e bacio, formula inflazionata ma sempre perfettamente funzionale. La voce sale in cattedra.

Si torna a sbattere il capoccione a ritmo in “End Of The Line” e ancora energia a profusione con “Get Out”, l’Hard Rock è gioviale e fa sudare come si deve, quelle belle sudate salutari. L’album si chiude con i dieci minuti di “My Way Home” e come non mettere la frase inflazionata “dulcis in fundo”? Tutti gli ingredienti al posto giusto, dall’AOR all’Hard Rock e il Prog. Bravi Alchemy!

Dimenticavo la cosa più importante (mannaggia all’età) questi ragazzi sanno suonare davvero, ma davvero, davvero! MS




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