Sebbene
il gruppo sia in attività dal 1998 e questo sia il loro secondo
album (il primo si intitola Wheel Of Fortune ed è uscito nel
2003) li incontro per la prima volta. Il gruppo si è costruito
una certa fama come organizzatore di happening strumentali all’insegna
dello spirito freak che animava il rock degli anni settanta, con molti
concerti all’attivo. Poi pian piano la critica specializzata
li ha catalogati all’interno della scena progressiva. In effetti
fin dal primo ascolto di Shell si ha l’impressione di trovarsi
di fronte ad un grande gruppo di prog.
Facile accostarli ai King Crimson più duri, con le loro lunghe
partiture strumentali, ma questi sono solo un punto di partenza, perché
poi la band evolve continuamente il proprio sound in una vorticosa
progressione sonora piena di colpi di scena e di situazioni coinvolgenti.
Era parecchio che un gruppo di prog non mi catturava così come
hanno fatto questi musicisti giapponesi capitanati dal bassista Satoshi
Kobayashi, una vera forza della natura. Sei brani per sessanta minuti,
ma non un solo attimo di cedimento. Si parte con un ritmo incalzante
di batteria piuttosto tribale su cui si innesta il flauto magico di
Kazumi Suzuki, poi è la volta di un basso irresistibile e infine
tutti gli altri strumenti con chitarra e tastiere. Partiture delicate
si alternano a sfuriate inarrestabili, con grande spazio per l’improvvisazione
e per la sperimentazione, ma con un filo conduttore sempre riconoscibile.
Siamo a dei livelli davvero molto alti. Che musica!
Tante sono le cose che si possono raccontare di questa piccola gemma,
ma non voglio rovinarvi la sorpresa, correte a comprare questo album
perché ne resterete affascinati! GB
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