Rock Impressions
 

INTERVISTA A GAE MANFREDINI
di Giancarlo Bolther

Come è nato “Instrumental Treatment”?
E’ nato perché dopo il disco precedente “Gae Manfredini Project” avevo realizzato una serie di brani ed era venuto il momento di fissarli in maniera definitiva. Con il produttore dell’etichetta,
Christian Borgoni della PMR, abbiamo verificato se potevamo realizzare un disco con una certa produzione e poi siamo partiti.
La mia idea di base era quella di realizzare un disco con brani semplici ma ben suonato e realizzato con una precisa idea di produzione. Il disco è stato pianificato con una certa precisione e realizzato in tempi davvero stretti; grazie anche ai validissimi musicisti che hanno collaborato, abbiamo registrato in una sola giornata tutte le basi ritmiche, suonando in contemporanea con il quartetto di base, chitarra, piano basso e batteria; il giorno dopo abbiamo rifatto tutte le chitarre, visto che erano delle chitarre guida, che abbiamo registrato in diretta nel mixer per evitare i rientri e non condizionare la ripresa della batteria in particolare; una volta realizzate le chitarre definitive con un suono adeguato, sono poi stati fatti i vari ritocchi di tastiere, percussioni ecc. Devo dire che è stato un disco molto veloce e senza particolari problemi nella realizzazione

Come hai scelto i musicisti che hanno collaborato al tuo disco?
Nel caso di Roberto Soggetti collaboriamo da svariati anni (ed in questo disco è stato coinvolto in maniera ancora più stretta come autore e co-autore dei brani); con Walter Calloni e Lorenzo Poli, musicisti che stimo ed ammiro da molti anni, volevo da tempo realizzare qualcosa e con questo disco si è presentata l’occasione di farlo. Il produttore del disco, Marco Zanoni (che ha anche suonato basso e tastiere in alcuni brani) mi ha poi suggerito i nomi di Giovanni Guerretti per le parti di Hammond e di Alberto Venturini per le percussioni, chiudendo cosi il nucleo dei collaboratori.

Un tuo commento ai singoli brani dell’album…..
Come dicevo prima volevo realizzare un disco semplice, anche di facile fruibilità nonostante si tratti di un disco strumentale; ho scelto dei brani quindi anche diversi tra loro, spaziando tra molte sonorità diverse che però mi rappresentano e nelle quali mi riconosco appieno.
Così il brano di apertura “Stomping Groove” è basato su di un classico riff aggressivo, come molti brani della mia produzione; ci sono poi due brani con sonorità più latine, come “Guantanamo” e “Cuban Nights” che rappresentano una sonorità un po’ alla “Santana” che non avevo mai proposto nei miei dischi precedenti ma che mi piace moltissimo. C’è poi “Memories”, un brano lento e di amplissimo respiro, molto vicino alla mia sensibilità musicale come pure “Morning Daydream”, l’altro brano “lento” del disco. “Heavy Load” rappresenta il lato più aggressivo della mia personalità, con un altro riff tipico di certo hard rock ed anche “Newport Bridge”, brano che suonavo già da molto tempo ma che volevo proporre in una versione più definitiva. Ci sono poi due “cover”; “Isn’t she lovely“ di Stevie Wonder è un brano che mi è sempre piaciuto molto, e come sempre nei miei dischi mi è piaciuto riproporre la versione strumentale di un famoso brano cantato.
“Going Home” di Kenny G. ha una splendida melodia e volevo provare a riprenderla con la chitarra.

Che differenze ci sono con i tuoi lavori precedenti, cosa è cambiato?
Le differenze sono costituite soprattutto dalla possibilità che mi è stata data di avere un approccio produttivo più concreto; ho potuto scegliere i musicisti che ritenevo adatti a questo progetto, non ho dovuto preoccuparmi come nei dischi precedenti di tutti gli aspetti inerenti alla realizzazione, dalla produzione al mixaggio ecc. ed ho potuto quindi concentrarmi sull’aspetto più strettamente musicale ed esecutivo del disco. In questo disco l’approccio produttivo è stato molto più professionale, con un responsabile della produzione (Marco Zanoni), il mixaggio affidato ad un professionista qualificato (Andrea Corsellini) ed uno studio valido dove abbiamo tutti lavorato con grande relax e concentrazione (il “Banda Magnetica“ di Piacenza). Il risultato è quindi secondo me molto più fluido ed incisivo di molte produzioni passate.

Questo tuo nuovo disco è un punto di arrivo od una nuova partenza?
Sicuramente una nuova partenza: non credo si possa parlare di punto d’arrivo in musica; ogni disco è un nuovo capitolo di un percorso musicale, serve a fissare il percorso svolto fino a quel punto e ad indicare una nuova rotta da seguire, fino al prossimo capitolo.

Che significato ha fare un disco solista per un chitarrista in Italia?
E’ molto complesso; si sa in partenza che ci si rivolge ad una nicchia, in un mercato tutt’altro che florido, con nessuna attenzione da parte della maggioranza dei “media”. Le difficoltà a trovare una distribuzione seria sono enormi, e gli spazi per proporre progetti di questo tipo sono veramente esigui. Per un disco strumentale poi le difficoltà sono all’ennesima potenza!

Hai avuto difficoltà per trovare un etichetta che stampasse il tuo album?
Fortunatamente no perché sono in contatto da anni con l’etichetta PMR, che ha scelto coraggiosamente di portare avanti la proposta di album strumentali di chitarra. Viceversa ci sarebbero stati problemi molto più complessi da risolvere!

Ci puoi parlare del tuo rapporto con la chitarra, cosa significa per te suonare, che emozioni ti dà?
Il mio rapporto con la chitarra è un lungo sodalizio che dura da oltre trent’anni, e non saprei neanche immaginarmi senza: ho sempre suonato e non riuscirei a pensare ad una attività diversa.
E’ lo strumento che ho scelto per comunicare le mie emozioni ed è uno strumento secondo me con enorme potenziale di comunicazione: la ricerca di un suono preciso ti permette di costruirti un linguaggio attraverso il quale comunicare la propria sensibilità. La possibilità di poter fare questo e di vivere attraverso questo lo considero un privilegio raro.

Sei in circolazione dagli anni Ottanta: cosa è cambiato da allora nella scena musicale Italiana?
Direi che il cambiamento maggiore, e probabilmente questo non è un fenomeno solo Italiano ma molto più generalizzato, è un diverso modo di fruire della musica. La musica, che è sempre stata di fondamentale importanza in tutte le culture giovanili, in questi ultimi decenni ha perso molta parte del suo significato culturale, è diventato più fenomeno di aggregazione sociale, e si è perso il gusto di ascoltare musica con partecipazione. In Italia in particolare si può notare sempre di più una generazione poco interessata; ad una nuova generazione di gente disposta a prendere in mano uno strumento, suonarlo e godere delle emozioni che questo può offrire si sta sostituendo una generazione di computer e cellulari, dove la tecnologia sostituisce quelle emozioni che la musica può comunicare. Ed è un vero peccato. D’altronde, finche non si provvederà ad una diffusione che possa partire anche dalla scuola pubblica, difficilmente si potrà invertire questa tendenza.

I “BLIZZARD” sono ancora attivi o si sono sciolti ?
I “Blizzard” non si sono mai sciolti ufficialmente, anche se stanno facendo molto poco visto lo scarso interesse verso la musica che propongono. Vedremo se ci sarà un ritorno ad una voglia di ascoltare musica di un certo tipo.

Negli anni passati abbiamo visto crescere molti chitarristi Rock; secondo te chi è stato veramente importante?
Nell’ultimo decennio non mi pare di vedere nessun chitarrista con uno spessore artistico tale da poter ereditare lo scettro dei grandi musicisti che hanno dato dignità alla chitarra creando uno stile musicale nuovo ed importante; secondo me nessuno ha ancora rimpiazzato i grandi nomi del passato come Eric Clapton o Eddie Van Halen o Vai e Satriani. Dobbiamo però anche dire che la tendenza attuale vuole la chitarra più in un ruolo comprimario che non protagonista; dall’esasperazione dello “shred” degli anni ottanta si è passati ad un minimalismo che io trovo altrettanto esasperante. Mi piacerebbe sentire delle nuove proposte dove la chitarra possa avere un ruolo più centrale.

Ci sono degli artisti in particolare con cui ti piacerebbe lavorare?
Il mio interesse musicale è molto ampio: mi interessa anche un certo tipo di musica commerciale, se ben realizzata ed organizzata, ed in questo senso la mia disponibilità alla collaborazione è altrettanto ampia. Pur non avendo in mente nomi precisi valuterei qualunque proposta che fosse seria e finalizzata a qualcosa di concreto.

Che progetti hai per il prossimo futuro?
La mia attività si distribuisce tra la parte didattica, alla quale dedico molto tempo e molta attenzione, e l’attività dei concerti e delle serate varie. Vorrei sicuramente proporre dal vivo questo nuovo progetto di “Instrumental Treatment”, ed anche qui dovremo vedere se si verificano le condizioni necessarie per poterlo fare. Penso poi già ad un nuovo disco strumentale, forse l’anno prossimo, ma è ancora presto per fare ipotesi più precise.

GB

Recensioni: Instrumental Treatment

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