“…
Gesù cominciò a parlare di Giovanni alla folla.
Diceva: Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna
agitata dal vento? No. Che cosa allora? Un uomo vestito con abiti
di lusso?” (Mt 11, 7-8)
“Il Signore rispose ad Elia: - Esci dalla grotta e vieni
sulla montagna, alla mia presenza.
Infatti il Signore stava passando. Davanti a lui un vento fortissimo
spaccava le montagne e fracassava le rocce, ma il Signore non
era nel vento. Dopo il vento venne il terremoto, ma il Signore
non era nel terremoto. Dopo il terremoto venne il fuoco, ma il
Signore non era neppure nel fuoco. Dopo il fuoco, Elia udì
come un lieve sussurro. Si coprì la faccia col mantello,
uscì sull’apertura della grotta e udì una
voce che gli diceva: - Che fai qui Elia?” (1 Re 19, 11-13)
Gesù stava per rimettersi in cammino, quando un tale gli
venne incontro, si gettò in ginocchio davanti a lui e gli
domandò: - Maestro buono, che cosa devo fare per ottenere
la vita eterna? Gesù gli disse: - Perché mi chiami
buono? Nessuno è buono tranne Dio! (Mc 10,17-18)
Non voglio associarmi al coro di persone che negli ultimi giorni
hanno parlato della figura di Giovanni Paolo II. Ma visto che
questo sito parla di musica voglio fare una piccola sottolineatura,
fra le tante cose molto grandi e importanti ne ha fatta anche
una piccola, ma ugualmente significativa: ha dato dignità
cristiana anche alla musica rock. E di questo gliene sono profondamente
grato.
In effetti la cosa può sembrare banale o di poco conto,
ma nella Chiesa sono molti quelli che cercano di demonizzare il
rock. Quasi sempre sono posizioni profondamente integraliste che
lo condannano più o meno tutto senza distinzioni, attaccando
perfino i gruppi musicali “cristiani”, attaccando
l’uso delle chitarre per animare le messe, fino al punto
di definire il tempo della musica pop in generale come proveniente
direttamente dal demonio, da lui inventato per irretire le coscienze,
come si legge ad esempio nel divertente libro Dall’inganno
dei Beatles alla musica di Dio.
Ma per andare più in profondità bisogna riconoscere
che la morte del Pontefice ha colpito le coscienze di tutti. Sono
contento di aver assistito all’imponente partecipazione
popolare, alla faccia di chi profetizza la morte della religione
e della religiosità. Una imponente fila di persone ha reso
omaggio al Papa polacco, c’erano anche molte persone non
cristiane, cosa davvero sorprendente, soprattutto se si pensa
a tutti i profeti della laicità che predicano che le religioni
dividono le persone e insegnano l’odio. A Roma sfilavano
uomini e donne di diverse religioni molto uniti. Ma soprattutto
nessuno si aspettava così tanta gente. Un popolo in cerca
di Dio al seguito di una persona autentica come solo Giovanni
Paolo II è stato, un Papa contro la destra religiosa (per
le sue rivoluzionarie aperture alle altre religioni, per le richieste
di perdono…) e contro la sinistra religiosa (per la difesa
della morale, per la lotta contro il clero di sinistra in America
Latina, per certe scelte pastorali…). Un Papa che ha riportato
Dio nei progetti dei giovani, nelle loro vite.
Penso però anche a quanto rumore è stato fatto per
l’agonia del Papa, quanto chiasso, mentre l’unica
cosa veramente giusta da fare sarebbe stata lo stare in silenzio.
Ore e ore di dirette televisive dove non si capiva se prevaleva
la voglia di essere i primi a dare l’infausta notizia o
se, invece, si sperava che la cosa durasse il più a lungo
possibile per moltiplicare le ore di presenza televisiva…
Comunque non bisogna dimenticare che la morte di un uomo, per
quanto grande fosse, di fronte a Dio è identica a quella
di tutti gli altri uomini. Uguale a chi muore di morte violenta
in una delle tante favelas del sud del mondo e l’attenzione
dei veri cristiani si dovrebbe rivolgere a questi almeno tanto
quanto a quella del Santo Padre, perché sono morti che
dovrebbero fare molto più scalpore e dovrebbero smuovere
ancor più violentemente le nostre comode, vellutate e tranquille
coscienze, ma quante veglie di preghiera vengono fatte per queste
persone?
Non me la prendo coi tanti pellegrini che si sono recati a Roma
per dare un ultimo saluto al Papa, perché penso sia stato
giusto manifestare la propria ammirazione per un uomo che ha cambiato
il corso della storia (non mi riferisco a quella geopolitica,
ma a quella morale e spirituale delle singole persone), ma vorrei
che con altrettanto trasporto le persone si facessero toccare
anche da altri avvenimenti, che leggessero l’esempio del
Santo Padre per andare verso i fratelli che hanno bisogno di aiuto.
Il recente massacro perpetrato a Rio de Janeiro è passato
come una notizia di cui si poteva tranquillamente fare a meno,
appena accennata in qualche telegiornale mentre, invece, era una
notizia orribilmente spaventosa che avrebbe dovuto risuonare in
tutti i telegiornali. Allo stesso modo le scarse notizie che raramente
provengono dai cosiddetti conflitti “dimenticati”,
oppure poco o niente si racconta del secondo terremoto nel sud
est asiatico e così via.
Anch’io mi sono commosso per la morte del Papa, perché
l’ho sempre ammirato, consapevole del fatto che il cristiano
non deve aver paura di fronte alla morte. Del resto Gesù
è venuto proprio ad insegnarci questo con la Pasqua che,
ironia della sorte, è passata da poco più di una
settimana.
Il telegiornale finisce qui, perché non ci sono altre notizie…
Giancarlo Bolther
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