Rock Impressions


APRILE 2005


“… Gesù cominciò a parlare di Giovanni alla folla. Diceva: Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? No. Che cosa allora? Un uomo vestito con abiti di lusso?” (Mt 11, 7-8)

“Il Signore rispose ad Elia: - Esci dalla grotta e vieni sulla montagna, alla mia presenza.
Infatti il Signore stava passando. Davanti a lui un vento fortissimo spaccava le montagne e fracassava le rocce, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento venne il terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto venne il fuoco, ma il Signore non era neppure nel fuoco. Dopo il fuoco, Elia udì come un lieve sussurro. Si coprì la faccia col mantello, uscì sull’apertura della grotta e udì una voce che gli diceva: - Che fai qui Elia?” (1 Re 19, 11-13)

Gesù stava per rimettersi in cammino, quando un tale gli venne incontro, si gettò in ginocchio davanti a lui e gli domandò: - Maestro buono, che cosa devo fare per ottenere la vita eterna? Gesù gli disse: - Perché mi chiami buono? Nessuno è buono tranne Dio! (Mc 10,17-18)

Non voglio associarmi al coro di persone che negli ultimi giorni hanno parlato della figura di Giovanni Paolo II. Ma visto che questo sito parla di musica voglio fare una piccola sottolineatura, fra le tante cose molto grandi e importanti ne ha fatta anche una piccola, ma ugualmente significativa: ha dato dignità cristiana anche alla musica rock. E di questo gliene sono profondamente grato.

In effetti la cosa può sembrare banale o di poco conto, ma nella Chiesa sono molti quelli che cercano di demonizzare il rock. Quasi sempre sono posizioni profondamente integraliste che lo condannano più o meno tutto senza distinzioni, attaccando perfino i gruppi musicali “cristiani”, attaccando l’uso delle chitarre per animare le messe, fino al punto di definire il tempo della musica pop in generale come proveniente direttamente dal demonio, da lui inventato per irretire le coscienze, come si legge ad esempio nel divertente libro Dall’inganno dei Beatles alla musica di Dio.

Ma per andare più in profondità bisogna riconoscere che la morte del Pontefice ha colpito le coscienze di tutti. Sono contento di aver assistito all’imponente partecipazione popolare, alla faccia di chi profetizza la morte della religione e della religiosità. Una imponente fila di persone ha reso omaggio al Papa polacco, c’erano anche molte persone non cristiane, cosa davvero sorprendente, soprattutto se si pensa a tutti i profeti della laicità che predicano che le religioni dividono le persone e insegnano l’odio. A Roma sfilavano uomini e donne di diverse religioni molto uniti. Ma soprattutto nessuno si aspettava così tanta gente. Un popolo in cerca di Dio al seguito di una persona autentica come solo Giovanni Paolo II è stato, un Papa contro la destra religiosa (per le sue rivoluzionarie aperture alle altre religioni, per le richieste di perdono…) e contro la sinistra religiosa (per la difesa della morale, per la lotta contro il clero di sinistra in America Latina, per certe scelte pastorali…). Un Papa che ha riportato Dio nei progetti dei giovani, nelle loro vite.

Penso però anche a quanto rumore è stato fatto per l’agonia del Papa, quanto chiasso, mentre l’unica cosa veramente giusta da fare sarebbe stata lo stare in silenzio. Ore e ore di dirette televisive dove non si capiva se prevaleva la voglia di essere i primi a dare l’infausta notizia o se, invece, si sperava che la cosa durasse il più a lungo possibile per moltiplicare le ore di presenza televisiva…

Comunque non bisogna dimenticare che la morte di un uomo, per quanto grande fosse, di fronte a Dio è identica a quella di tutti gli altri uomini. Uguale a chi muore di morte violenta in una delle tante favelas del sud del mondo e l’attenzione dei veri cristiani si dovrebbe rivolgere a questi almeno tanto quanto a quella del Santo Padre, perché sono morti che dovrebbero fare molto più scalpore e dovrebbero smuovere ancor più violentemente le nostre comode, vellutate e tranquille coscienze, ma quante veglie di preghiera vengono fatte per queste persone?

Non me la prendo coi tanti pellegrini che si sono recati a Roma per dare un ultimo saluto al Papa, perché penso sia stato giusto manifestare la propria ammirazione per un uomo che ha cambiato il corso della storia (non mi riferisco a quella geopolitica, ma a quella morale e spirituale delle singole persone), ma vorrei che con altrettanto trasporto le persone si facessero toccare anche da altri avvenimenti, che leggessero l’esempio del Santo Padre per andare verso i fratelli che hanno bisogno di aiuto.

Il recente massacro perpetrato a Rio de Janeiro è passato come una notizia di cui si poteva tranquillamente fare a meno, appena accennata in qualche telegiornale mentre, invece, era una notizia orribilmente spaventosa che avrebbe dovuto risuonare in tutti i telegiornali. Allo stesso modo le scarse notizie che raramente provengono dai cosiddetti conflitti “dimenticati”, oppure poco o niente si racconta del secondo terremoto nel sud est asiatico e così via.

Anch’io mi sono commosso per la morte del Papa, perché l’ho sempre ammirato, consapevole del fatto che il cristiano non deve aver paura di fronte alla morte. Del resto Gesù è venuto proprio ad insegnarci questo con la Pasqua che, ironia della sorte, è passata da poco più di una settimana.

Il telegiornale finisce qui, perché non ci sono altre notizie…

Giancarlo Bolther


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