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            di nuovo a parlare di un gruppo Power Metal finlandese. L’ennesimo 
            direte voi?Effettivamente è vero, il genere comincia ad inflazionarsi, 
            ma ancora sembra non aver giocato tutte le sue carte. Una di queste 
            sono senza dubbio i quasi debuttanti Celesty.
 Giunti al secondo disco in studio, manifestano una grande maturità 
            rispetto il tabellino di marcia dei complessi Metal Power del giro, 
            palesando pure una preparazione tecnica sopra la media.
 
 Visto e considerato che stiamo parlando di gente proveniente dalle 
            fredde terre vichinghe, non possiamo fare a meno di accostare le sonorità 
            dei brani a quelle dei Stratovarious, ma anche ai teutonici Halloween 
            e Gamma Ray. Ennesimi cloni? Devo ammettere che resto molto combattuto, 
            ma credo di no, perché a differenza di altri i Celesty hanno 
            in possesso un grande songwritting, decisamente sopra la media.
 
 Il cantato si alterna fra parti pulite e growling con indifferenza, 
            evidenziando una duttilità artistica di tutto rispetto. Il 
            lavoro tastieristico ricorda molto quello di Alex Staropoli dei nostrani 
            Rhapsody, così come certi momenti che sanno di medioevo.
 
 Brani tirati, in doppia cassa come “Breed For The Land Unknow”, 
            sono lo specchio della tecnica strumentale a loro disposizione. Starete 
            notando che comunque non sto analizzando pezzo per pezzo l’intero 
            disco, questo perché il lavoro si presenta omogeneo. Se dovessi 
            trovare un aggettivo per “Legacy Of Hate” forse sceglierei 
            ‘arioso’, ma anche epico non stonerebbe di certo, pur 
            se scontato. E’ chiaro che nel Power forse è stato gia 
            detto tutto, ma quando ancora nascono gruppi di questa portata forse 
            è il caso di dedicare ancora un poco della nostra attenzione 
            e dei nostri risparmi al fenomeno. Oltre i grandi cori epici di turno 
            (immancabili), gli interventi growling del vocalist danno quel tocco 
            in più al disco che non guasta. Da dire anche che stranamente 
            alla media di questi, i cori non sono per nulla infantili, ma giusti, 
            forse è proprio questo che riesce a farmi apprezzare “Legacy 
            Of Hate”.
 
 La qualità sonora del disco ottico è ampiamente sopra 
            la sufficienza ed ovviamente lo consiglio a tutti gli amanti del Power 
            più melodico. Se questo è solamente il secondo disco 
            dei Celesty, come potrà mai suonare il prossimo? Aspettiamo 
            serenamente fiduciosi, ma ora fuori le spade! SM
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